Comprate e rivendute come schiave ai romeni

Comprate al mercato degli schiavi, private dei documenti, picchiate e orribilmente seviziate, costrette a mendicare, scippare e borseggiare; obbligate a servire i loro padroni, lasciate al freddo l’inverno, chiuse in roulotte cocenti d’estate; strappate alla scuola e a ogni interesse, ridotte a vivere come bestie quasi a volere cavare loro l’anima dal corpo.
L’inferno per una minore romena di 17 anni, Maria, e per una bulgara di poco più grande, Stefania, s’è concluso col regalo di Natale più bello: un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per associazione a delinquere, riduzione in schiavitù e maltrattamento in famiglia spiccata per i loro aguzzini, quattro nomadi d’origine serba, alla vigilia del 25 dicembre dal pm antimafia La Speranza e dal gip Verdaro. E concretizzata ieri mattina col blitz degli agenti della task force dell’VIII Gruppo della polizia municipale al campo rom di Borgo Sabotino, alle porte di Latina, dove il sodalizio aveva base e da dove è stato prelevato per finire dietro alle sbarre.
È l’alba del 23 novembre quando i vigili urbani coordinati dal comandante Antonio Di Maggio sorprendono le due donne a dormire sotto le palme di un’aiuola di largo Magnanopoli, tra via IV Novembre e via Nazionale. Sono spaventate, sfinite dalla fame e dagli stenti: «Siamo scappate da Latina. I passaporti non li abbiamo più», si confidano in lacrime. Il racconto si trasformerà qualche ora più tardi in due dettagliate denunce contro il clan dei Djorgevic, stessa famiglia: Dragan, 51 anni, il padre, Mira, 50 anni, la moglie e i figli Goran e Saban di 29 e 20 anni. La storia è di quelle da fare rabbrividire il più sanguinario degli autori. Maria e Stefania, passate di mano con l’inganno da conoscenti a mercenari romeni, finiscono nei tentacoli dei serbi. Maria nel 2003, convinta da una cugina, va in Belgio, incontra i Djorgevic che la maritano a Goran: «Avrai una vita felice, vedrai», le dicono. Invece approdati in Spagna cominciano i primi problemi. La ragazza viene picchiata con cinte e bastoni, la sua pelle è tappezzata di cicatrici. Chiede di tornare in Bulgaria. Ma i suoceri glielo impediscono: «Ti abbiamo pagato 12mila euro e non te ne vai. Sei nostra». Stefania si fida di una coppia di amici, Vandrana e Nelu. La portano in Italia. Alla stazione Termini la cedono a dei romeni che la accompagnano a Borgo Sabatino.
È il gennaio di quest’anno. I Djorgevic la fanno dormire in auto con Saban, che diventerà il suo «orco». La donna subisce violenze d’ogni tipo, viene gettata in strada a rubare e mendicare. È disperata. «Vuoi tornare a casa? Sì, ma in una bara».

Intanto, a Maria i suoceri tolgono persino quel poco di elemosina con cui comprare il latte alla terza figlioletta di pochi mesi. Le due donne a novembre trovano il coraggio per fuggire. La vita ora ricomincia in un centro d’accoglienza comunale.

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