Fabrizio de Feo
RomaUna cittadina pugliese si mobilita contro i tagli alla sanità decisi da Nichi Vendola. E con un referendum chiede di divorziare dalla propria regione di appartenenza e di essere annessa alla Basilicata. Del curioso episodio di lotta e di protesta è protagonista il Comune di Spinazzola, il più piccolo comune della sesta provincia pugliese, quella composta da Barletta, Andria e Trani. Qui, ai settemila abitanti, la decisione della Regione di chiudere il piccolo ospedale cittadino e trasformarlo in residenza sanitaria assistita non è proprio andata giù. E così un comitato di cittadini ha raccolto le 742 firme necessarie a ottenere la consultazione referendaria, firme ormai depositate e autenticate dal sindaco Carlo Scelzi del Partito Democratico. Al contempo è stato depositato anche un ricorso al Tar contro la delibera della giunta regionale che ha stabilito il riordino della rete ospedaliera della Regione Puglia.
Spetterà ora al consiglio comunale esprimersi sulla proposta di deliberazione sottoscritta dai cittadini - «Volete che il territorio di Spinazzola sia separato dalla Regione Puglia per entrare a far parte integrante della Regione Basilicata?» - e attivare tutti gli atti necessari per indire il referendum, mentre il Comune di Spinazzola deve iscrivere a bilancio le spese necessarie all'indizione del referendum.
Il motivo di tanta determinazione è presto detto: a Spinazzola non ne vogliono proprio sapere di non avere più nemmeno un posto letto a disposizione per una popolazione in cui gli anziani sono tanti, anziani che sarebbero costretti a raggiungere l'ospedale più vicino, quello di Canosa, percorrendo strade poco agevoli, soprattutto nei mesi invernali. «Ma anche per quest'ultimo è prevista la progressiva chiusura- tuona il sindaco Scelzi - il che significherebbe per noi andare ad Andria, a 50 chilometri da qui».
Il sindaco, in realtà, anche per la sua vicinanza politica con la giunta Vendola, non ha ancora rinunciato alla trattativa e spera ancora in un compromesso dell'ultimo minuto. Ma il «Gruppo d'azione pro ospedale» non accetta mediazioni ed è pronto a tutto per impedire la chiusura dell'ultimo reparto ancora in funzione nel nosocomio cittadino, quello di medicina generale, e la riconversione della struttura in residenza sanitaria assistita. E così la pressione sale e si iniziano anche a ipotizzare le dimissioni in massa del consiglio comunale, la restituzione delle tessere elettorali di tutti gli abitanti oltre al referendum secessionista. Una consultazione che non ha soltanto il sapore di una boutade o di una provocazione.
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