Confermate dalla Nasa dopo sessanta anni le teorie di Fermi sui raggi cosmici

Le osservazioni del satellite, intitolato dagli americani proprio al grande scienziato, oggi danno ragione alle ipotesi elaborate dal premio Nobel per la fisica.L'annuncio arriva dall'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare che collabora con la Nasa nel progetto.

Le scoperte del grande scienziato Enrico Fermi vengono oggi confermate dai nuovi mezzi messi a disposizione da una tecnologia allora sconosciuta.
Ad esempio l'ipotesi fatta dal premo Nobel sui meccanismi di accelerazione dei raggi cosmici trova ora conferma nelle osservazioni del satellite che la Nasa ha costruito dedicandolo proprio al fisico italiano morto a Chicago nel '54.
Più di sessanta anni fa Fermi per primo propose un meccanismo in grado di spiegare le enormi energie raggiunte dai raggi cosmici che permeano la nostra Galassia. Un ipotesi che adesso viene confermata dalle recenti osservazioni della missione per lo studio dei raggi gamma che la NASA ha dedicato proprio al famoso scienziato italiano.
Il satellite Fermi, infatti, al quale l'Italia collabora con l'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), l'Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) e l'Agenzia Spaziale Italiana (ASI), ha infine scovato la prova definitiva che dimostra come le teorie del fisico fossero giuste.
I raggi cosmici sono particelle cariche di altissima energia che raggiungono il nostro pianeta attraversandoci come una continua pioggerellina battente. Secondo l'ipotesi messa a punto da Fermi, i raggi cosmici vengono accelerati in dense nubi di gas magnetizzato in movimento. Il "meccanismo di Fermi", come fu definito, con le sue varianti è rimasto per molti anni l'unico procedimento praticabile. Vista la sua importanza la Nasa ha deciso di dare il nome di Fermi al grande osservatorio spaziale per l'astronomia gamma lanciato nel giugno 2008.
Nel corso degli ultimi 50 anni gli astrofisici hanno individuato nei resti delle supernove i siti cosmici più adatti a creare le condizioni previste da Fermi.
Quando una stella di grande massa ha esaurito il combustibile nucleare, che bruciando ne sorregge l'enorme massa gravitazionale, esplode lasciando un resto di supernova, che è appunto è la struttura risultante dalla gigantesca esplosione con cui l'enorme stella termina la propria vita .
Il Large Area Telescope (LAT), rivelatore per raggi gamma di alta energia collocato a bordo del satellite Fermi, ha osservato in vari resti di supernova un'intensa emissione gamma correlata con gli strati di materia espulsa nell'esplosione e con la presenza di dense nubi di gas interstellare.
Il meccanismo svelato dal satellite Fermi è semplice e chiaro. I protoni, che costituiscono la maggior parte dei raggi cosmici sono inizialmente accelerati nelle collisioni fra gli strati di materia espulsa nell'esplosione di supernova. Così facendo producono raggi gamma di altissima energia quando interagiscono con i nuclei atomici del gas interstellare. Le osservazioni del satellite Fermi hanno mostrato evidenza di questo meccanismo in ben quattro resti di supernove di varie età, da estremamente giovani, cioè di poche centinaia di anni, ad altre risalenti a migliaia di anni fa. A più di sessant'anni di distanza, quindi, l'ipotesi di Enrico Fermi trova una conferma sperimentale.
Ronaldo Bellazzini, responsabile del progetto Fermi per l'INFN, spiega che «le nuove osservazioni raggiungono uno degli obiettivi fondamentali della missione e mostrano quanto sia ampio il contributo di Fermi alla nostra comprensione dell'Universo, raggiungendo così un nuovo grande risultato grazie a questo strumento realizzato con un ruolo decisivo della componente italiana".


«Anche se non si vedono, i raggi cosmici sono importanti come la luce delle stelle nello spazio che ci circonda», commenta Patrizia Caraveo, responsabile per INAF dello sfruttamento scientifico dei dati Fermi. «Aver capito dove i protoni vengono accelerati a velocità prossime a quelle della luce è un risultato importante». Se potesse Fermi direbbe «l'avevo detto io...».

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