I «bamboccioni» non se ne vanno di casa? Secondo TPS (al secolo Tommaso Padoa-Schioppa) è un problema di scottante attualità. Secondo il premio Nobel per la letteratura Eugene ONeill, invece, è un problema di sempre, soprattutto quando i figli non hanno i soldi e la personalità necessaria per fare il grande salto. Contro un ministro dellEconomia dallalgida severità il teatro Eliseo schiera - a partire da martedì prossimo - un drammaturgo dalla toccante pietas, prima di tutto nei confronti di se stesso e della sua famiglia. La nuova stagione della sala di via Nazionale riparte proprio da Lunga giornata verso la notte nellallestimento curato da Piero Maccarinelli su traduzione di Masolino DAmico. La pièce, scritta nel 1941, ma andata in scena la prima volta soltanto nel 56 a Stoccolma, riproduce uno spaccato familiare colto nel corso di una sola lunga giornata. Un padre autoritario, ancorato al ricordo della sua fama di grande mattatore (interpretato da Remo Girone), una madre fragile di nervi e devotissima (Annamaria Guarnieri) e due figli (Daniele Salvo e Luca Lazzareschi) che tentano con scarsi risultati di emanciparsi da un giogo familiare opprimente e claustrofobico. A rendere questa commedia di forte interesse non è soltanto la sua profondità ed esemplarità drammaturgica ma anche il fatto che si tratta - in fondo - di unautentica confessione autobiografica. «ONeill - racconta Masolino DAmico - aveva assimilato a tal punto la scrittura teatrale che non riusciva a liberarsene nemmeno quando scriveva per se stesso senza pensare al palcoscenico. Lunga giornata verso la notte in fondo non è altro che un racconto autobiografico dove lautore non modella o corregge il vissuto con indulgenti reticenze. Prova ne è il fatto che non lha mai fatta rappresentare mentre era in vita (morì, infatti, a Boston nel 53, ndr) e lasciò una disposizione testamentaria che ne avrebbe dovuto vietare la messa in scena per 25 anni». La pièce non si limita infatti a ricostruire lambiente familiare in cui lo stesso ONeill è cresciuto, ma analizza con spietata lucidità la figura paterna. Dietro la figura di James Tyrone (Girone) si nasconde lo stesso James ONeill, padre del drammaturgo americano, ai suoi tempi un famoso attore che si adagiò bene presto a sfruttare alcuni cavalli di battaglia del teatro popolare che lo avevano reso celebre in patria. «Eugene ONeill - ricorda ancora DAmico - crebbe sballottato in tournée e sale di provincia cambiando molte scuole, e benché osservando tutte le sere il padre imparasse parecchio quanto a tecnica di teatro, quando crebbe finì per disprezzare la mediocrità di quel testo e a considerare una vera e propria forma di prostituzione la passività con cui suo padre James si era adagiato nella lucrosa routine del mattatore trombone».
«Per questa parte - spiega Remo Girone, che con questo lavoro torna sulle scene dopo una lunga e fortunata parentesi televisiva - ho dovuto cambiare il mio modo di recitare, a cominciare dalla postura che deve essere molto più dritta, energica e narcisistica. E poi ho dovuto trasformarmi appunto in un vecchio trombone: il contrario di quello per cui mi conoscono i telespettatori». Girone affronta con lentusiasmo di un debuttante una sfida davvero impervia se si pensa che il ruolo di James Tyrone è da sempre considerato uno dei più stimolanti per gli attori teatrali. Lultimo in ordine di tempo è stato Gabriele Ferzetti nellallestimento di Mario Missiroli dell89. Ma si segnalano anche Ralph Richardson che ha portato il celebre personaggio di ONeill sul grande schermo, e un memorabile Renzo Ricci. Rientrando a pieno diritto nel canone dei «family plays», il testo di ONeill esercita da sempre un forte fascino sul pubblico grazie ai suoi squarci di eloquenza e alla sincerità delle passioni, imponendosi fin dal debutto come uno dei più importanti drammi del suo tempo (se non il più grande). Tanto che valse allautore il premio Pulitzer (primo e unico caso di unassegnazione postuma di questo prestigioso riconoscimento).
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