Congiura balneare contro Silvio

Approvata la manovra, cresce l'attesa per le reazioni dei mercati. Intanto, dai palazzi di giustizia arrivano voci di nuovi assalti al Cav: la sinistra frondista sogna il ribaltone ma teme di metterci la faccia. Ma dal Quirinale assicurano: nessuna voglia di ribaltone, è inutile il pressing da sinistra. Anche il Senatur fa l'equilibrista: all'attacco su legalità e fisco per placare la base, ma l'asse col premier resta saldo 

Congiura balneare contro Silvio

Qualche tempo fa un anziano signore che mastica di politica tirò fuori un’arguta definizione di governo tecnico: è un governo balneare in abito blu. Forse non aveva tutti i torti. I «balneari» sono un ricordo della Prima Repubblica. Servivano a prendere tempo e duravano lo spazio di un’estate. Era il modo per permettere ai leader della Dc di trovare un nuovo equilibrio e mentre si sfidavano a braccio di ferro lasciavano un peones con cappello di paglia e infradito a tenere calda la poltrona di Palazzo Chigi.
Ora il governo tecnico viene evocato all’orizzonte come salvatore della patria, una sorta di Cincinnato che richiamato dai lavori dei campi accorra a dare quattro schiaffi agli speculatori, per poi tornarsene a casa. Peccato che la storia non sia così facile. Un po’ perché l’unico Cincinnato che ha preso il potere e poi si è rimesso a fare il contadino è l’originale. Tutti gli altri si sono attaccati alla poltrona, senza neppure chiedere il permesso agli elettori. Di solito quelli con l’infradito riescono a cacciarli, quelli invece «tecnici», austeri e istituzionali, si consolidano ben presto come un comitato d’affari.
Berlusconi teme i trabocchetti della settimana caldissima che sta arrivando. Non c’è solo da vedere la reazioni dei mercati finanziari alla manovra. I fronti più insidiosi sono quelli giudiziari. Sono le voci, i sussurri, le carte della procura con i francobolli già sulla busta, lo scenario di un attacco su più fronti agli uomini di governo. Il gioco è pericoloso. Se tutto dovesse saltare alla vigilia di agosto l’Italia si ritroverebbe nuda. È qui che entra in gioco questo governo balneare vestito da tecnico. Il premier sente, insomma, un clima da congiura da spiaggia. Immaginate le procure che si fanno vive in contemporanea, e a reti unificate, in più punti della penisola, dalla Sicilia a Bari, da Napoli a Genova e ovunque ci sia un’accusa da far esplodere. Una caccia a ministri e affini, senza dimenticare il Cavaliere, tale da giustificare un rinvio alle Camere di un governo sotto inchiesta. Poi può accadere di tutto, favorito anche da un clima culturale anti casta, con perfino pagine su Facebook dove un ex dipendente di Montecitorio a volto coperto svela tutti gli sprechi dei politici. Tremila contatti in sole quattro ore.
La speranza è che sia solo fantapolitica, ma se non lo fosse allora il governo tecnico-balneare servirebbe da salva vita. Un pronto intervento per tranquillizzare la borsa. Napolitano dovrà essere molto convincente. La soluzione immediata, magari con una copertura dell’Europa o dell’America. L’unica certezza è che si sta giocando con il fuoco.
La prima cosa da capire è se gli investitori si fidano dei bagnini. Il rischio è che per far sloggiare Berlusconi si mandi l’Italia in bancarotta. È un prezzo che in tanti sono disposti a pagare, tutti gli altri (a destra come a sinistra) continuano a considerarlo troppo alto. E sono ancora la maggioranza.
La seconda è il senso, il significato, di questo governo da rotonda sul mare. A cosa dovrebbe servire. Vi diranno che è un governo per le riforme. Magari. Stiamo tutti invecchiando in attesa di fare le riforme. Ormai si è capito che è una scusa per pagare la pensione ai settantenni, tanto quelle nostre ben che vada saranno una miseria. Rassegniamoci. Il governo dei tecnici farà un lavoro molto più prosaico. Primo e fondamentale: spazzar via Berlusconi e tutto ciò che lo circonda. Secondo: allontana le elezioni a tempo indeterminato, visto che a breve diventerebbe un voto della discordia con gli anticav a scannarsi tra loro. Disordine su disordine. Terzo: libererebbe il Pd dal panico di dover governare. Non è proprio il caso. Governare significa avere una linea politica. Le attuali opposizioni, troppo impegnate a esorcizzare Berlusconi, da anni si sono dimenticate come si fa.

Governare vuol dire fare i conti con questa maledetta crisi che non sembra avere via d’uscita, con i tagli, con le caste che starnazzano ogni volta che si toccano i loro interessi, con il Pil che arranca, le tasse che non si possono toccare, questo o quel gruppo da scontentare, con la fame di genti e apparati che sono quindici anni che aspettano di banchettare. Bersani e soci sussurrano: ma chi ce lo fa fare. Meglio lasciare il lavoro sporco ai bagnini, almeno fino alla prossima estate, sperando che il 2012 non sia la fine del mondo.

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