Il 15 maggio 1910 si avvicinava rapidamente e i dirigenti della Federazione calcistica italiana ancora non avevano deciso con che maglia far scendere i giocatori in campo per la partita contro la Francia. E mentre gli avversari fin dalla prima gara del 1904 avevano scelto il «tricolore», maglia blu, pantaloni bianchi e calzettoni rossi, Roma era ancora indecisa. Alla fine si decise di «non decidere», cioè facendo indossare agli atleti un'anonima maglietta bianca. Solo l'anno dopo infatti, il 6 gennaio del 1911 i dirigenti fecero la fatidica scelta: azzurro, come il colore della bandiera Savoia. E da allora tutti gli sportivi incaricati di rappresentare il Paese in una gara ufficiale indosseranno la stessa divisa, venendo poi chiamati semplicemente «azzurri».
Nonostante il gioco di prendere una palla a calci si perda nella notte dei tempi, diffuso in tante varianti in ogni angolo del mondo, solo nell'Ottocento si cominciò a esercitare uno sport con regole simili a quelle del football moderno. La sua culla fu l'Inghilterra e lo Sheffield la prima squadra ufficialmente fondata. All'inizio del Novecento però la pratica era ancora alla fase pionieristica, e più di un Paese non aveva ancora una squadra, e quindi tanto meno un'uniforme, che la rappresentasse. Così quando nel 1910 l'Italia schierò la sua prima «Nazionale», l'allora commissario tecnico Umberto Meazza (nessun parentela con il «Peppin») nessuno aveva pensato al colore delle maglie. E si opto per un neutrale bianco. Dopo la gara con Francia, giocata a Milano e vinta con un rotondo 6 a 2, la Nazionale andò in trasferta a Budapest, ancora con la divisa candida, per sfidare gli allora maestri del calcio europeo. Come si può del resto indovinare dall'umiliante 6 a 1 subito. Fu subito decisa la rivincita, in programma il 6 gennaio ancora a Milano quando finalmente venne adottato l'azzurro con lo stemma della Real Casa sul petto. Per la cronaca fu ancora sconfitta, ma di misura: 0 a 1. Del resto per battere i campioni magiari, dopo un pareggio e altre due sconfitte, bisognerà attendere nientemeno che il 1928.
Nel frattempo la maglia azzurra era ormai entrata nell'immaginario collettivo del Paese e tale rimase anche se con qualche «indecisione» e qualche obbrobrio cromatico. I calzettoni infatti furono neri fino ai mondiale del 1954 e negli Trenta e Quaranta alcune partite vennero disputate con una tenuta completamente nera in ossequio al Regime. E ancora: alcune partite degli anni Sessanta furono disputate con i pantaloncini neri, mentre la Confederetions Cup del 2009 fu giocata con un maglietta azzurrognola che sembrava passate in varechina su improbabili pantaloncini e calzettoni mattone. Infine la tenuta da trasferta: rigorosamente bianca con la variante dei pantaloncini e calzettoni bianchi o azzurri.
Anche gli stemmi variarono con il tempo. All'inizio fu Croce Bianca in Campo Rosso, stemma di Casa Savoia a cui durante il Ventennio fu affiancato il «fascio littorio». Simboli rapidamente archiviati nel 1945, con la fine della guerra, del fascismo e della monarchia, e sostituiti con lo «scudetto» tricolore a cui dal 1962 fu sovrapposta la scritta «Italia». Nel 1982 la scritta sparì e lo spazio fu occupato da tre stelle che corrispondevano ad altrettanti mondiali vinti nel 1934 in Italia, nel 1938 in Francia e appunto quell'anno in Spagna.
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