Economia e cultura due facce della stessa medaglia al workshop «Dal principio del No profit al Business Etico in Cultura» svoltosi ieri allAra Pacis, promosso dal network 1x 100, di cui è capofila TestaccioLab. Unimpresa sorta nel 1995 che, ricorda il presidente Antonio Pizzola, lanciò la provocazione di un prelievo dell1 per cento sullIva delle transazioni pubblicitarie televisive a favore della cultura.
In Italia esiste unaltissima concentrazione di beni culturali (4mila musei, di cui 400 statali, 40mila castelli..), un patrimonio che dovrebbe rendere linvestimento il cultura redditizio con vantaggi per il Pil e per chi vi lavora. Oltre ai professionisti, coloro che operano nella galassia dellassociazionismo che spesso non riescono ad attrarre investimenti adeguati dalle imprese. Perché cultura e profitto non possono coesistere si dice, una concezione «figlia di impostazioni ideologiche vecchie, paradossalmente allergiche a una fruizione di massa dei prodotti culturali», scrive in un indirizzo di saluto il ministro della gioventù Giorgia Meloni. Da qui la ricerca di modelli di business etico, di opportunità e strategie che concorrano alla trasformazione di cultura e creatività in fattori di crescita.
Il ventaglio si allarga a rapporti privato e pubblico, imprese e associazioni, promozione turistica e territorio. È il caso del Giffoni Film Festival, 40 anni nel 2010, con appendici in Australia e a Los Angeles, fattore di crescita per tutta la Campania, o del Salone del fumetto di Castel SantElmo. O dellagenzia di pubblicità Xister che ha prodotto due eventi di forte impatto come Scala Mercalli, e Premio Terna per larte contemporanea. E il confronto a Roma non può ignorare il Campidoglio, che muove tanta parte della politica culturale della città col gradimento dei romani, secondo lultimo sondaggio.
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