Così Onofri sviluppa la critica “esistenziale”

Il saggio che raccoglie diversi studi

Così Onofri sviluppa la critica “esistenziale”
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Non è un caso che Massimo Onofri, uno dei nostri maggiori e più dinamici critici letterari, abbia dedicato una parte cospicua del suo tempo alla composizione di libri che in senso lato sono racconti di viaggio, siano essi i ricchissimi volumi dedicati alle isole o le spedizioni extra moenia (nel campo della critica d'arte e della storiografia) ora raccolte nel quarto volume delle Opere, Per una storiografia della vita (Inschibboleth, pagg. 361, euro 26). Il volume contiene anche scritti di difficile reperibilità - come Gatti e Tignosi, sapido album di medaglioni biografici di viterbesi «memorabili» - ma è dominato da Il suicidio del socialismo. Inchiesta su Pellizza da Volpedo, del 2009, e da L'epopea infranta. Retorica e antiretorica per Garibaldi (2011). Il primo saggio indaga la vicenda del pittore del Quarto stato di cui si espone l'evoluzione artistica e mentale, enucleandone un «patologico normale» accostabile alla parabola esistenziale del coevo Pascoli, ugualmente caratterizzata da un rapporto con l'altro sesso sbalestrato sul piano materno e sororale. Lo scritto dedicato all'Eroe dei due mondi segue invece l'origine di un mito tanto polimorfo quanto saldamente ancorato alla sua icona. Garibaldi è la radice quadrata del Risorgimento perché, con equilibrismi non sempre commendevoli, indossa una sull'altra le variegate ideologie che hanno contribuito al suo successo: monarchica, mazziniana, socialista e magari anche borghese; per cui denunciare le interpretazioni che privilegiano solo un aspetto equivale a smascherare altrettante mistificanti autobiografie della nazione.

Dietro questo procedere c'è la critica nel senso più serio e completo del termine, alla quale Onofri allude con due formule: una tecnica («disposizione storico-antropologica»), l'altra, scivolosissima, di «critica della vita». Espressione che non va letta con lenti decadenti, bensì allusiva di una ricostruzione che abbia in vista un risalimento in direzione del senso.

È come se Onofri volesse ricordare ai distratti che l'uomo è una creatura culturale; che i caratteri con i quali è scritta la sua esistenza sono storie, miti, sentieri psicologici o collettivi e che chiunque non tenga conto di questa realtà effettuale è condannato a muoversi fra la gente come in un oscuro labirinto.

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