Una centrale nucleare non è una bomba atomica e non può esplodere perché non è alimentata con uranio, o plutonio, arricchito in modo molto elevato dell’isotopo (una particolare conformazione degli atomi di queste sostanze). L’incidente più temuto in una centrale è la cosiddetta "fusione del nocciolo", per evitare il quale si sta lottando nella centrale nipponica di Fukushima-1.
La radiottività scalda l'acqua Una centrale termica per la produzione di energia elettrica funziona come un fornello acceso sotto un pentolone d’acqua calda. Il vapore che viene utilizzato per far ruotare le turbine che generano elettricità. Per scaldare l’acqua si possono usare petrolio, carbone, gas, biomasse o qualsiasi altra cosa che, bruciando, liberi abbastanza calore. Nelle centrali nucleari non si brucia nulla: il calore viene generato da una proprietà particolare di un isotopo dell’uranio. Gli atomi delle sostanze radioattive liberano particelle che si diffondono all’intorno e urtano altre particelle: da questo processo si sprigiona energia che si libera come calore. In natura questo avviene diffusamente, ma le concentrazioni degli elementi radioattivi sono basse. Gli scienziati hanno tuttavia dimostrato che in epoche molto remote in alcuni luoghi si verificò una reazione nucleare autosostentata che generò calore sufficiente a far fondere le rocce.
Radioattività controllata Nel nocciolo di una centrale nucleare gli effetti della reazione nucleare legata alla radioattività dell’uranio vengono controllati impiegando un complesso sistema ingegneristico. L’uranio viene conformato in barre che vengono fatte calare nel nucleo attraverso una griglia in genere cilindrica mediante dispositivi meccanici che fanno scendere o salire ogni singola barra. Le sbarre sono inguainate in schermi di sostanze (zirconio, berillio o altre) che bloccano le radiazioni, e fra una barra e l’altra si usano schermi che possono essere alzati o abbassati. In questo modo, la quantità di calore generata viene messa sotto controllo. Inoltre, si dispongono complessi impianti di raffreddamento attraverso i quali si fanno circolare, con pompe idrauliche, fluidi (in genere sodio) che assorbono il calore in eccesso. Nel caso di Fukushima il liquido di raffreddamento è calato a livelli tali che le barre potrebbero surriscaldarsi e le protezioni potrebbero rompersi.
I precedenti Nella storia, nel 1979 a Three Mile Island negli Usa, la fusione totale del nocciolo venne evitata all’ultimo momento (si fuse
soltanto il 25 per cento). A Cernobyl, nel 1986, non si arrivò mai alla fusione del nocciolo, ma ci fu
un'esplosione da cui fuoriuscì una parte del combustibile radioattivo. In questo caso l’incidente fu di particolare gravità perché la centrale era a "cielo aperto". Il nucleo di una centrale è racchiuso in un contenitore in acciaio. Il tutto è poi coperto con un pesante "cubo" di cemento armato. Era proprio quest’ultimo che mancava a Chernobyl, per cui quando esplosero i tubi degli impianti idraulici di raffreddamento in seguito alla pressione provocata dal calore eccessivo, ci fu una dispersione nell’atmosfera di grandi quantità di sostanze radioattive.
L'intervento dei tecnici a Fukushima Le gabbie di contenimento dei reattori di Fukushima, invece, a quanto pare hanno resistito al terremoto. Nel caso il nucleo dovesse fondersi, i reattori diventerebbero delle scatole piene una massa informe di metallo fortemente radioattivo, inavvicinabile e intrattabile.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.