Craxi-Di Pietro, lite in nome di Bettino «Fascistoide». «Tale padre tale figlio»

da Roma

Si potesse almeno sostenere che le colpe dei padri non possano ricadere sui figli. Ma la tragedia s’è consumata, e siamo al dileggio volgare del «tale padre tale figlio». Il cui timbro ricorda tutt’al più quello di una svogliata «classicissima» dal risultato ovvio: troppo pesante il trattore contadino, troppo distante il dolore che cerca una dimensione politica.
La «Di Pietro-Craxi» è storia maledetta che torna a galla avendo rovesciato di colpo le sorti del Paese, e nel particolare quella di due famiglie. Dunque di odio infinito si tratta, odio che si direbbe di classe. E se i figli dell’ex premier e leader socialista morto di Tangentopoli costruiscono su macerie, l’ex Pm di Mani pulite sulla pancia di un Paese che divora ogni memoria, traducendola in fiati mefitici. Dovendosi alla distruzione del «latitante» Bettino (così Di Pietro ha sempre voluto definirlo) la furba carriera del contadino molisano. Ha saputo sfruttarla in ogni suo rivolo, questa storia, saltando su tutti i taxi politici che nella sparizione di Craxi e del Psi dalla vita politica hanno creduto, a loro volta, di spianarsi la propria. Da D’Alema all’opportunista Veltroni, ognuno dei quali scoprendo il Sanguisuga vincente. E che l’Antonio da Montenero la metteva nella bisaccia a tutti.
Così la tenue verità conservata dagli eredi Craxi, espressa tante volte, da ultimo al congresso socialista di Montecatini, sembra ancora fonte di scandalo. Suscita l’ira funesta del petroso Molisano. «Il Pd dica una parola onesta e chiara sul tumore che hanno voluto allevare nella sinistra, rappresentato da Di Pietro, un cancro populista e fascistoide né di destra né di sinistra, ma una malattia dalla quale si deve guarire isolando l’Idv». Questa la riflessione del Craxi jr, inscritta nel futuro nero che si è procacciato Veltroni con la sua facile rincorsa ai voti, a qualsiasi voto, basata sul presupposto che «non olet». Invece «olet», e non male aveva fatto Bobo a ironizzare sulle cure termali di Walter: «Ha bevuto un po’ d’acqua socialista di Montecatini, meglio dell’olio di ricino che gli avrebbero dato tra qualche giorno a Piazza Navona...».
Troppo, effettivamente, per il rude condottiero che gioca a farsi ritrarre sul trattore come il Duce alla battaglia del grano. Troppo, per l’arruffatravaglio che usa la lingua come la vanga, discettando di «magnaccia» e «furbacchioni». Lui, il più «furbo» di tutti, capace di fiutare miasmi e buttarvisi a mietere, così da aggirarsi come avvoltoio sulle macerie della sinistra che Walter stupidamente ha provocato.

Si risente, Di Pietro, davanti alle «parole vergognose» di Bobo, e non accetta «insulti da una persona che si presenta nel mondo della politica con delle credenziali che lascio alle pagine di “Se li conosci li eviti” di Travaglio e Gomez. In quattro parole: tale padre tale figlio», dice. Non contemplando, la furbizia ignorante, che di quell’intenzione volgare resterà poco. Se non l’onore, per il figlio.

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