"Cricca", Di Pietro convocato dai pm a Firenze Arrestato un fedelissimo di D'Alema in Puglia

Il leader Idv dai magistrati che indagano sugli appalti del G8 bluffa: "Sono qui spontaneamente". In realtà hanno voluto sentirlo per i suoi rapporti da ministro con Balducci e Toro. Arrestato il braccio destro di D'Alema, Flavio Fasano. Le telefonate col capo della cosca: tangenti e regali in cambio di appalti

"Cricca", Di Pietro convocato dai pm a Firenze 
Arrestato un fedelissimo di D'Alema in Puglia

Roma - Il pomeriggio è appena cominciato e Antonio Di Pietro si infila in procura a Firenze. Lo attendono i pm toscani e i loro colleghi di Perugia, che avrebbero deciso di convocarlo per ascoltarlo a proposito dell’inchiesta sul G8. Tonino, come sempre in questi casi, sfodera un largo sorriso e dopo aver interpretato la chiamata dei pm, dicendo di essersi presentato «spontaneamente», spiega: «Vado a dare il mio contributo come teste d’accusa per il mio ruolo di oggi, ovvero parlamentare dell’opposizione, per il mio ruolo di ieri, ovvero ministro delle Infrastrutture, e dell’altro ieri come ex pm».
In realtà è soprattutto quello che Di Pietro chiama «il mio ruolo di ieri», la poltrona alle Infrastrutture, a interessare i magistrati titolari delle inchieste sui «grandi eventi».

Il leader Idv è stato in quel ministero mentre la «cricca» era in piena attività. Tanto da finire al centro dello sfogo tra i vertici indagati della Btp, l’impresa che puntava a farsi restituire il cantiere della Scuola Marescialli, a Firenze, pur avendo da tempo lasciato quell’incarico. Il vicepresidente Roberto Bartolomei, parlando con Riccardo Fusi il 17 febbraio scorso, dopo l’ultimo «no» ministeriale a concedere il cantiere alla società Btp, sbotta: «Lì sono tutti compromessi... dal ministro Di Pietro... da Lu... tutti».

Proprio quell’appalto d’altra parte è al centro del filone d’inchiesta rimasto in Toscana. Era stato tolto alla Btp e assegnato all’Astaldi da un dirigente delle Infrastrutture, Celestino Lops, e quando Fusi era tornato alla carica per riprenderselo, il dirigente responsabile della pratica nel frattempo era diventato Mario Mautone. L’uomo che Di Pietro aveva deciso di spostare da Napoli quando l’inchiesta sugli appalti di Romeo (per la quale Mautone è poi stato arrestato) non era ancora nota a nessuno, tranne che all’ex pm. Che spostò Mautone, non lo denunciò. Eppure i magistrati fiorentini avrebbero domandato a Di Pietro soltanto di Lops, non interessandosi – curiosamente – al ruolo nella vicenda dell’ex provveditore alle opere pubbliche della Campania, che peraltro dalle intercettazioni non sembrava essere troppo gradito alla «cricca».

Ma i pm di Firenze e Perugia avrebbero chiesto a Tonino informazioni anche sull’ex presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici Angelo Balducci e sul commissario dei mondiali di nuoto Claudio Rinaldi. Su di loro l’ex ministro aveva rivendicato un ruolo «di pulizia». Dichiarando all’Espresso, dopo che il settimanale aveva rivelato che una lettera spedita a Di Pietro a gennaio 2007 da alcuni imprenditori avrebbe messo il ministro sul chi vive nei confronti proprio di Rinaldi e Balducci, che in seguito a quella missiva aveva provveduto a rimuovere entrambi dai propri incarichi, pur avendo «ricevuto pressioni perché ciò non accadesse».

In realtà Balducci viene trasferito ben prima, ad agosto del 2006. E così, tra dubbi sulle date e dubbi sul perché quella «circostanziata denuncia» non sia finita in una procura, ieri Di Pietro avrebbe scelto di non calcare sul tasto della preveggenza, limitandosi a dire che, poco dopo il suo arrivo al ministero, Rinaldi era finito «alle Acque» e Balducci «al Dipartimento per le infrastrutture statali, l’edilizia e la regolazione dei lavori pubblici». Minimizzando, dunque, il suo ruolo soprattutto nello spostamento del secondo. Tanto che, lasciando la procura fiorentina, Tonino ha addirittura smentito di aver parlato di quanto riportato dall’Espresso. Sostenendo di aver rivelato cose «ben più consistenti». Che riguardano, probabilmente, l’ex magistrato romano Achille Toro. I quattro pm avrebbero infatti chiesto al leader Idv notizie sull’aggiunto romano, indagato perché avrebbe fornito informazioni sull’inchiesta alla «cricca». E Di Pietro avrebbe spiegato di averlo conosciuto bene, quando il suo ministero fu «spacchettato» e i Trasporti assegnati ad Alessandro Bianchi, ministro in quota Pdci. Toro era capo di gabinetto di Bianchi.

E Di Pietro avrebbe suggerito che, proprio in quel periodo, il magistrato potrebbe essersi inserito nel «giro» di Balducci. Intanto, gli inquirenti starebbero valutando un ruolo che proprio Toro potrebbe aver avuto nella mancata diffusione della «lista lavori» di Anemone.

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