La crisi della giustizia vista da un magistrato controcorrente

Presidente della seconda sezione civile della Cassazione, Raffaele Corona ha dedicato alla crisi della nostra giustizia un saggio che fa riflettere: La specializzazione dei magistrati e la separazione delle carriere (Giappichelli, pagg. 98, euro 11). Questo alto magistrato non ha tesi precostituite. Di ogni questione valuta il pro e il contro. Ma poi, dopo aver sviscerato con dottrina le varie sfaccettature di un problema, giunge a conclusioni largamente condivisibili. In particolare sui due argomenti, attorno ai quali da un po’ di tempo si accapigliano gli addetti ai lavori. Queste le sue conclusioni: «La specializzazione rappresenta il rimedio e, forse, la via d’uscita ai risaputi difetti di qualità e di efficienza. La separazione delle carriere renderà il processo più giusto, mettendo le pronunzie al riparo dalle possibili supposizioni ingenerose e, se necessario, da indebite pressioni». Oggi la specializzazione è una necessità. L’accelerazione della Storia è impressionante. Le fonti del diritto si sono moltiplicate a dismisura. Chi ha tentato di contare le nostre leggi non è approdato praticamente a nulla. C’è chi dice che siano centomila, chi dice di più. Allora, meglio un magistrato che sappia tutto su un determinato settore piuttosto che qualcosa su un po’ di tutto. Le sue pronunzie saranno migliori e il rischio di errori minore.
Sulla separazione delle carriere Corona, da quel magistrato controcorrente che è, non si associa alle lamentazioni di rito. Per cominciare, svolge una accurata analisi comparata. Esamina i casi di Francia, Germania e Inghilterra. E cioè di due Paesi di civil law e di un Paese di common law. Oltralpe, dove non vige l’obbligatorietà dell’azione penale e l’ordinamento giudiziario non si uniforma al principio della divisione dei poteri, la carriera unica non esclude che i magistrati addetti alla pubblica accusa siano condizionati dal potere politico. In Germania il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale rappresenta un ostacolo pressoché insuperabile alle ingerenze del potere politico. Nonostante la separazione delle carriere, chiosa Corona, è opinione diffusa che il potere politico non incida in maniera significativa sull’operato dei pubblici ministeri. Infine in Inghilterra, patria dell’Habeas Corpus, «la soggezione del pubblico ministero al potere politico e la discrezionalità della promozione dell’azione penale sono accettate comunemente e senza contestazioni, ovverosia senza preoccupazione per i diritti dei cittadini».
Quale morale trarre dai casi appena riferiti? Eccola, secondo Corona: «Alla luce delle esperienze europee, le affermazioni assolute e assiomatiche, che si pronunziano insistentemente contro la separazione delle carriere, appaiono prive di fondamento storico e, allo stesso tempo, sembra fuorviante e sciovinistica l’affermazione che “l’ordinamento italiano è un modello cui altri paesi europei guardano con grande interesse”». Perché mai dovremmo essere la solita mosca bianca? E ancora: «Ragionare secondo schemi manichei non è corretto. La realtà dei paesi europei presenta sfumature e ambivalenze: perciò esige cautela. Una discussione costruttiva deve tener conto dei molteplici aspetti, anche contraddittori. Certo si è che alla luce delle esperienze europee un rifiuto categorico non si giustifica».
Questo libro può essere utilmente letto da tutti coloro che siano interessati ai vari aspetti del nostro ordinamento giudiziario.

Che non si limitano, beninteso, a quelli oggetto del saggio. Come del resto sottolinea l’autore in molte pagine dedicate ai possibili rimedi alla crisi della giustizia. Ma per i nostri legislatori, di destra come di sinistra, è un libro indispensabile.

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