Ad un malato non interessa molto sapere quanta febbre ha avuto: quello che gli preme è sapere se la febbre gli sta passando e se guarirà. Per un motivo analogo, soffermarsi sui dati del Prodotto interno lordo italiano resi noti ieri dall’Istat rischia di essere assai fuorviante. Il punto importante non è tanto il sapere cosa sia accaduto, bensì cosa stia succedendo adesso e cosa potrebbe accadere domani. Il premier Berlusconi, al termine del Consiglio dei ministri, ha affermato che «c’è un miglioramento della situazione» e, appoggiato dal ministro Brunetta, ha affermato che tutti i contatti che il governo intrattiene con le aziende indicano che il peggio è passato e che l’economia ha raggiunto un punto di flesso che potrebbe portarci presto a un ritorno alla crescita. Secondo il Pd invece si tratta solo di ottimismo di facciata e il segretario Franceschini accusa l’esecutivo di immobilismo di fronte a una crisi che si aggrava.
Cerchiamo di capire meglio la realtà al di fuori delle schermaglie politiche. L’istituto di statistica ha stimato che l’economia nel nostro Paese si è contratta nel primo trimestre del 2009 del 5,9% nei confronti dell’analogo periodo del 2008. Il dato in sé può spaventare, ma non dovrebbe essere una sorpresa per nessuno. In quel numero è racchiuso un intero anno della peggior crisi economica mondiale dal dopoguerra e include proprio la parte peggiore della crisi, vale a dire quel terribile periodo di panico dei mercati, fra gennaio e marzo, dove l’intero equilibrio del sistema economico mondiale vacillò paurosamente. In settanta giorni l’indice di Borsa, il miglior specchio delle aspettative del sistema economico, quasi dimezzò il suo già basso valore fino a toccare i minimi proprio nei primi giorni di marzo. Il panico annebbia la mente, si tagliano tutte le spese, le industrie chiedono tutta la cassa integrazione possibile, le banche bloccano i finanziamenti, i prezzi dei titoli (e quindi il valore dei risparmi) crolla aumentando lo spavento. Bene, tutto questo è passato, è già successo ed è fotografato in quel -5,9% (dato peraltro potenzialmente più impreciso delle già ballerine stime preliminari a causa di stagionalità e di un cambio di metodo Istat) così come lo è nel -6,9% della Germania, con un deficit per le casse tedesche di 80 miliardi di euro per il 2009 a causa del crollo delle entrate fiscali, o nelle contrazioni a doppia cifra delle economie più aggressive, come quelle degli stati dell’Est Europa.
Torniamo ora a quello che ci interessa di più, vale a dire alle prospettive: è Berlusconi stesso ad ammettere che «spetta al governo infondere fiducia ed ottimismo», ma probabilmente questa volta il miglioramento è del tutto vero, e lo si può desumere da numerosi e concordanti indizi. Cominciamo con i mercati finanziari: chi opera in titoli sa bene che quello che conta non è il presente ma le aspettative future. Ebbene, gli indici del mercato azionario, dai minimi di marzo, hanno già recuperato tutto il crollo dei primi mesi e chi avesse avuto il coraggio di investire nel mezzo del panico avrebbe oggi quasi raddoppiato il capitale. Il tasso interbancario Euribor, quello a cui sono indicizzati i mutui e che era schizzato verso l’alto nel pieno della crisi, segnalando che le banche non si fidavano di loro stesse, è tornato perfettamente normale e a livelli di minimo assoluto. Ricordiamo che nel 2007, quando il Pil saliva e ancora non vi era una consapevolezza generale della crisi che sarebbe arrivata, i mercati finanziari tennero un comportamento opposto, anche quella volta anticipando correttamente il futuro.
Vi sono poi i dati sulla cassa integrazione, che hanno segnalato un probabile eccesso di cautela nei mesi scorsi da parte delle imprese che temevano il peggio, ma adesso registrano una ripresa e in ogni caso, secondo i dati Inps analizzati ieri sul Giornale, non hanno utilizzato che per un terzo le ore richieste in precedenza per il personale. Di solito una situazione del genere si accompagna a una ricostituzione delle scorte, con conseguente ripresa degli ordinativi. Non vanno poi trascurate le mosse della Fiat, un’industria fondamentale per il nostro tessuto economico, che si sta muovendo per una volta da protagonista nel mondo, rappresentando un esempio di come si possa trasformare una crisi in un’opportunità epocale.
Registriamo infine i segnali di ottimismo che vengono dalle trimestrali delle grandi banche, con, ad esempio, oltre un miliardo di utile per Intesa Sanpaolo: si temeva il disastro e invece i conti spesso risultano migliori delle attese, fra i sorrisi degli amministratori, ben diversi dalle espressioni tirate di pochi mesi fa, quando vennero presentati i bilanci 2008.
Insomma, gli indizi di miglioramento sono davvero tanti e formano quasi una prova.
Di sicuro voltarsi a piangere sul recente passato non aiuta nessuno, ai governi spettano soprattutto gli interventi di emergenza come quelli attuati da alcuni stati con la nazionalizzazione delle banche in crisi, fortunatamente non ne abbiamo avuto bisogno, adesso è il momento giusto per guardare avanti.posta@claudioborghi.com
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