Accoltellò il rivale per una "questione d'onore", il giudice scarcera lo straniero

Un cinquantunenne kosovaro è accusato dell'omicidio di un connazionale, avvenuto lo scorso anno a Treviso durante una vera e propria faida fra famiglie. L'uomo, che dopo la scarcerazione prevista per domani finirà ai domiciliari, avrebbe agito sulla base di un "codice d'onore" vigente in parte del Kosovo

Un primo piano del cinquantunenne accusato dell'omicidio del connazionale
Un primo piano del cinquantunenne accusato dell'omicidio del connazionale
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Era finito in prigione nei mesi scorsi in quanto il principale sospettato dell'omicidio del 52enne Ragip Kolpegi, insieme al nipote 33enne Valmir Gashi. E il sospetto di chi indaga è che si sia trattato di un delitto compiuto per salvare l'onore della famiglia, sulla base di alcune norme ancora vigenti in Kosovo. Domani però, il 51enne kosovaro Afrim Manxhuka uscirà dal carcere di Treviso: per il momento finirà ai domiciliari, con obbligo di braccialetto elettronico. Lo ha deciso nelle scorse ore il giudice per le indagini preliminari, mentre gli inquirenti sono ormai in procinto di chiudere l'indagine sul cosiddetto "delitto di Fiera" (dal nome della località di Treviso nel quale avvenne). Stando a quanto riportato dai media locali, lo scorso ottobre il territorio trevigiano fu teatro di quello che viene reputato un vero e proprio regolamento di conti fra famiglie originarie del Kosovo, affrontatesi a suon di bastonate, pugni e coltellate (davanti agli occhi attoniti e spaventati dei presenti).

Il regolamento di conti fra famiglie

Una faida conclusasi con la morte di Kolpegi, con la polizia che già nei giorni immediatamente successivi all'uccisione aveva individuato e denunciato per rissa una quindicina di persone (tutte originarie dell'Europa dell'Est) per aver preso parte alla colluttazione. Gli indagati sono stati individuati grazie alle telecamere del circuito di videosorveglianza presenti nella zona. E per quanto concerne il decesso della vittima, ad esser finiti nel mirino della procura sono stati proprio Manxhuka e il nipote Gashi: il primo avrebbe sferrato il colpo di coltello che ha provocato all'uomo una lesione profonda all'interno coscia della gamba, provocando la rottura dell'arteria femorale. Il secondo avrebbe invece impugnato la spranga appuntita con cui Kolpegi è stato centrato alla parte posteriore della testa. L'esame autoptico ha però stabilito che, contrariamente a quanto si ipotizzava, la vittima era già morta dissanguata quando fu raggiunta al capo dalla spranga.

La "questione d'onore" alla base dell'omicidio

A provocare il dissanguamento sarebbe stato, appunto, un profondo fendente sferrato proprio da Manxhuka. Secondo il quotidiano La Tribuna di Treviso poi, quest'ultimo avrebbe affrontato la vittima non solo per il debito di 500 euro che avrebbe contratto nei confronti del figlio. O meglio, il debito avrebbe riportato alla luce vecchie ruggini fra i due nuclei familiari. Fra cui un affronto che Manxhuka avrebbe dovuto "lavare con il sangue" per tutelare l'onore della sua famiglia, secondo i principi del Kanun (il codice ancora in vigore in alcune zone del Kosovo). Una "questione d'onore", in buona sostanza.

Il principale accusato si è fin qui sempre detto innocente, nonostante alcune prove contro di lui. E i legali aspettano a questo punto il riscontro circa le tracce di dna presenti sul manico dell'arma, le uniche che possono confermare o smentire la difesa. In attesa dell'eventuale rinvio a giudizio.

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