Migranti in Albania, un altro stop delle toghe: sospesi due provvedimenti

La sezione Immigrazione del tribunale civile di Roma ha detto no a due trattenimenti nel centro di prima accoglienza di Gjader in Albania. La motivazione fa riferimento alla futura decisione della Corte Europea di Giustizia

Il centro migranti italiani nel porto di Shengjin, in Albania
Il centro migranti italiani nel porto di Shengjin, in Albania
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Chiusa per giudici. La sezione Immigrazione del tribunale civile di Roma ha sospeso due provvedimenti di trattenimento, nei confronti di due cittadini che erano collocati, nel mese di ottobre scorso nel centro di prima accoglienza di Gjader in Albania, per cui i giudici della sezione immigrazione non convalidarono i trattenimenti. La motivazione riportata nel dispositivo fa riferimento, secondo quanto apprende LaPresse, alla decisione che dovrà essere presa a luglio del 2025 dalla Corte Europea di Giustizia. In attesa di tale decisione il provvedimento è quindi sospeso. Nel centro erano stati portati cittadini provenienti da Egitto e Bangladesh.

Non è ancora chiaro quali effetti avrà questa «sospensione», ma la sensazione è che il provvedimento rischia di congelare il Cpa di Gjader e il protocollo Italia-Albania sui migranti provenienti dai Paesi «sicuri». Il nodo del contendere, infatti, è capire, cosa succederà ai trattenimenti in corso. «In attesa del provvedimento della Corte Ue i trattenimenti vanno tutti sospesi, almeno per quei Paesi per i quali vi è dubbio che possano essere qualificati come sicuri - spiega una fonte al Giornale - perché, sulla base delle informazioni fornite dal ministero degli Esteri, alcune categorie di cittadini sono perseguitate». La decisione non riguarda solo l’Albania ma «tutti i trattenimenti disposti presso tutti i centri, italiani e no, rispetto al Paese o ai Paesi considerati “non sicuri” (Bangladesh ed Egitto, ndr) sottolinea la fonte, che preferisce attendere la lettura del provvedimento prima di esprimere altri giudizi.

La sentenza era nell’aria, lo aveva anticipato anche la presidente di Magistratura democratica e giudice della sezione immigrazione del Tribunale di Roma, Silvia Albano, tra i primi a chiedere «l’aiutino» alla Corte Ue per decifrare se l’elenco dei Paesi sicuri è applicabile per tabulas o meno.

«Se pensiamo ci siano elementi di frizione tra Costituzione, diritto Ue e certe norme abbiamo l’obbligo o di sollevare la questione di costituzionalità o di disapplicare o di mandare alla Corte di Giustizia», aveva detto la Albano alla kermesse per i 60 anni della corrente più «rossa» della magistratura che ieri aveva chiesto più dialogo: «Se si ascoltasse il parere dei giuristi forse verrebbero fuori leggi migliori», la sintesi del suo pensiero.

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