I punti chiave
Ergastolo per Alessia Pifferi, accusata di aver lasciato morire di stenti la figlia Diana Pifferi, di 18 mesi, nel luglio 2022. La condanna è arrivata in primo grado, nella corte d’assise presieduta da Ilio Mannucci Pacini, che tuttavia ha escluso la premeditazione. La condanna è coerente alla richiesta di ergastolo formulata dal pm Francesco De Tommasi, mentre la difesa dell’imputata aveva sostenuto che il reato compiuto dalla donna fosse abbandono di minore, per via della presunta non volontà di uccidere la piccola. “È una sentenza giusta, una prima tappa per l'accertamento della verità. Ci ho creduto sempre e con questo verdetto hanno riportato al centro del processo la vittima” ha commentato alla sentenza lo stesso De Tommasi.
Alessia Pifferi si è mostrata impassibile alla lettura della sentenza, le cui motivazioni saranno depositate entro 90 giorni. L'imputata è stata condannata inoltre al risarcimento provvisionale nei confronti della sorella e della madre, rispettivamente per 20mila e 50mila euro. La legale della condannata Alessia Pontenani ha annunciato che ricorrerà in appello: “Leggeremo le motivazioni poi ovviamente faremo appello, mi aspettavo una sentenza così dura. Penso non ci sia stato un clima sereno e senza l'inchiesta parallela forse la perizia psichiatrica avrebbe dato esito diverso. […] Alessia Pifferi ha pianto molto, era molto dispiaciuta di aver sentito la sorella e la madre esultare durante la lettura della sentenza, quando il presidente ha detto ‘ergastolo’”.
I fatti
Il 20 luglio 2022, rientrando a Milano, nella sua abitazione in zona Ponte Lambro, Alessia Pifferi disse di aver trovato la figlia Diana per nulla reattiva. La donna era stata per 6 giorni a Leffe dal compagno. Avrebbe provato a risvegliare la bambina, che era morta probabilmente nell’arco dell’ultima giornata, dopo averla lavata e cambiata, bagnandole mani e piedi, che però sarebbero stati neri. Alessia riferì di aver lasciato la bambina per altri brevi periodi da sola e che in quel caso le avrebbe lasciato dei biberon, dell’acqua e del tè nel lettino da campo per nutrirsi. All’interrogatorio affermò inoltre di aver temuto che Diana cadesse dal lettino, non apparve completamente consapevole di poterne provocare la morte per stenti, cosa poi riscontrata in sede autoptica.
Il processo di primo grado
Il processo in corte d’assise a Milano per l’omicidio di Diana è iniziato nel 2023. Dopo un turnover di legali - per decisione della stessa imputata - la difesa si è avvalsa della professionalità dell’avvocato Alessia Pontenani che ha incentrato il proprio lavoro sulla possibilità che Alessia Pifferi fosse la sfortunata vittima di un’infanzia difficile e che la donna non avesse in effetti la capacità di comprendere ciò che era avvenuto per via di un severo ritardo cognitivo.
La famiglia d’origine di Alessia, la madre Maria Assandri e la sorella Viviana Pifferi, si sono costituite parte civile. Le due donne hanno sempre dichiarato di aver cercato di essere vicine alla congiunta, ma Alessia Pifferi le avrebbe allontanate. Da parte sua, l’imputata avrebbe puntato il dito contro i parenti, lamentando di essere stata abusata da un amico del padre.
“Dicono che mi telefonava e non andavo - ha raccontato a margine dell’udienza Assandri - ma se è successo ci sarà stato un motivo, andavo al lavoro. Io ho fatto tutto e di più, ho l’animo in pace anche se è arrabbiato. Non ne posso più di questa storia straziante e umiliante di fronte a tutto il mondo, io non ho fatto niente di male, l’ho sempre aiutata. Alessia era gelosa della bambina e non gliela potevi toccare, non ha mai fatto capire niente, se solo avessi visto o sentito tanto così quella bambina gliela portavo via anche se lei non voleva".
La perizia psichiatrica
A cavallo tra il 2023 e il 2024 il tribunale ha richiesto per l’imputata la perizia psichiatrica, condotta dal team guidato dallo specialista Elvezio Pirfo. Il risultato: Alessia Pifferi sarebbe capace di intendere e di volere, ma sarebbe caratterizzata da alessitimia, ovvero mancanza di empatia.
La perizia psichiatrica è avvenuta dopo l’inizio dell’indagine parallela che sta coinvolgendo Pontenani - in realtà nominata tempo dopo agli eventi oggetto di indagine - ma anche due psichiatre del carcere di San Vittore, dove è reclusa Alessia Pifferi. Le due professioniste sono accusate di aver somministrato all’imputata dei test, che si ipotizza siano stati peraltro precompilati, ma le psichiatre respingono le accuse.
Pirfo ha riconosciuto ad Alessia Pifferi anche un alto punteggio nella simulazione, possibilità che Pontenani rigetta ugualmente. “Se Alessia Pifferi è un’attrice bugiarda - ha commentato la legale al termine dell’ultima udienza del processo di primo grado - quando esce la mandiamo a Hollywood a lavorare perché è bravissima, ha ingannato tutti.
La mamma non è mai venuta su da Crotone, non dal Sudafrica, adesso viene: poteva venire prima, sono stanca di questa famiglia, si sono comportati malissimo sempre e adesso stanno cercando di tutelarsi perché hanno paura. L’unica responsabile dell’omicidio è Alessia Pifferi, ma se si fossero occupati di questa ragazza non saremmo qua, c’è una responsabilità morale evidente”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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