Presso la Prima corte di Assise di Roma, nel corso del processo per il sequestro e l'omicidio di Giulio Regeni, che vede imputati quattro 007 egiziani, è stato ascoltato il teste "Delta", cittadino egiziano che venne arrestato al Cairo col ricercatore italiano. "Ho sentito Giulio Regeni che veniva picchiato e torturato, ho riconosciuto la sua voce, parlava in italiano e in arabo. L'ho sentito anche nei giorni successivi lamentarsi, poi non ho sentito più nulla", ha dichiarato alla corte nel corso della sua deposizione. "Aveva un jeans e una maglietta con una felpa, mi pare fosse azzurra. Aveva circa 30 anni, forse poco più. Portava la barba, ma era molto corta. Era in piedi e parlava in italiano con un ufficiale", ha raccontato. Ho visto che Regeni, "aveva un cellulare, ma è stato spento e gli è stato tolto. Insieme al telefono gli sono stati" sequestrati "anche il portafoglio e i documenti".
"Quando mi hanno arrestato a piazza Tahir il 25 gennaio 2016 mi hanno portato al commissariato della polizia di Dokki e lì ho visto un giovane in piedi che parlava con un ufficiale e diceva di voler parlare con un avvocato e con l'ambasciata", ha proseguito il testimone, per il quale è stato deciso per l'audizione protetta per ragioni di sicurezza. "Poi sono venute delle persone e con una macchina ci hanno bendato e portato via. In auto ha continuato a chiedere di un avvocato, parlava in italiano. Io, che conoscevo la lingua, l'ho fatto presente a chi era in auto ma mi hanno dato un pugno dicendomi: 'vuoi fare il traduttore, lui parla arabo meglio di te'", prosegue ancora il teste, rispondendo alle domande del procuratore aggiunto Sergio Colaiocco.
In auto, dice ancora "Delta", "quando mi hanno dato uno schiaffo ho capito che ci stavano portando all'ufficio per la sicurezza dello Stato, il 'cimitero dei vivi'. Lì ci sono due sezioni e il ragazzo l'hanno portato alla sezione stranieri". Al momento in cui è stato trasferito, ha proseguito il testimone egiziano, "pensai che avrebbe ricevuto un trattamento migliore, invece poco dopo l'hanno portato nelle stanze delle torture, al piano terra, le stesse per tutti. Non l'ho più visto ma sentivo quando veniva picchiato perché eravamo in stanze vicine". Quando si tratta di torturare, è stata a sua riflessione davanti alla corte, "non fanno differenze, non sono razzisti".
Il testimone, che di mestiere fa l'artigiano, ha dichiarato di essere ancora "terrorizzato" per l'esperienza di quell'arresto e ha raccontato alcuni dettagli di quei momenti, in parte condivisi con Regeni. "Ci hanno picchiato. Io sono stato legato alle maniglie del letto e hanno usato la scossa elettrica.
Ci sono segni nel mio corpo, ho segni su un braccio, ho di tutto", spiega. Il suo arresto risale a gennaio 2016, con Regeni, e nel giugno di quello stesso anno è stato liberato: "Mi hanno poi accompagnato per lasciare il Paese".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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