Era una linea molto trafficata, per via della circolazione di treni regionali, treni merce, treni dell'Alta velocità. Ecco perché, secondo l'accusa, si è scelto di trascurare la manutenzione della ferrovia: una presa di responsabilità necessaria, che avrebbe potuto salvare le tre persone rimaste vittime del deragliamento del treno all'altezza di Pioltello, una mattina gelida del 25 gennaio 2018. I loro nomi sono Ida Maddalena Milanesi, Pierangela Tadini e Alessandra Giuseppina Pirri. Altre 200 persone riporteranno conseguenze fisiche e psicologiche, più o meno gravi e più o meno immediate. "Per ogni treno che salta la società rischia di pagare le penali", è la sintesi estrema della motivazione - secondo i pm Maura Ripamonti e Leonardo Lesti - che ha condotto Rete ferroviaria italiana a rimandare, fino alle tragiche conseguenze, la sostituzione del giunto sulla linea. La requisitoria di oggi, non ancora conclusa con le richieste di condanna che verranno formulate alla fine di luglio, arriva dopo sei tra indagini e processo, ed è andata avanti, a partire da stamattina, per oltre otto ore.
Uno degli argomenti principali trattati dall'accusa è stato quello delle procedure messe in atto da Rfi per le sostituzioni del giunto, che furono "insufficienti" secondo la procura. "Questo non lo diciamo noi, non lo dice la procura di Milano, ma l'Ansf, l'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie che è l'organismo di controllo, che sostiene che Rfi ha una gestione della manutenzione inefficace. L’Agenzia - ha continuato Lesti - in uno dei vari carteggi, rivolge a Rfi delle considerazioni molto serie, parlando di insufficienza dei mezzi di applicazione delle procedura". La procura sottolinea inoltre che non venivano "indicati termini perentori per la sostituzione del giunto, non c'era obbligatorietà sulla sostituzione del giunto, ma si parlava solo di tempestività". Una procedura messa in pratica da "sempre", secondo la Procura. "Se il giunto non è rotto si va avanti, era la prassi. Non si sostituisce il giunto degradato nella convinzione, errata, che il giunto rotto non determini lo svio". E invece è proprio quello che capitò, quel maledetto 25 gennaio.
Come si è arrivati alla rottura
La pm Maura Ripamonti, nel suo intervento molto dettagliato, ha spiegato con precisione come si è arrivati alla rottura del giunto, che provocò lo spezzone della rotaia e quindi lo svio del treno a Pioltello. La pm ha spiegato che "innanzitutto va detto che si trattava di un giunto che è in servizio da oltre dieci anni, probabilmente dal 2006 ma sicuramente prima del 2008. Ha gli acciacchi dei giunti vecchi, perché nella sua vita ha fatto un lavoro usurante. Sulla linea direttissima DD - ha continuato la pm Ripamonti - sulla quale si trovava, passano circa 100 treni al giorno, ovvero un treno ogni quarto d’ora. Tra questi ci sono treni regionali, i Frecciarossa e passano anche i treni merci. Il giunto si è usurato non solo per il numero di treni che passano sulla linea, ma per il tipo di treni: l’usura è data dalla velocità, dalle tonnellate del treno, dalla lunghezza. Per esempio i treni merci sono molto lunghi. I Frecciarossa, poi, che raggiungono la velocità di 300 chilometri orari, in quella tratta arrivano a 180 chilometri orari, il treno che è deragliato andava a 140. Il problema qui è il traffico e quella è una linea molto trafficata, perché ci sono tanti treni veloci che passano veloci e non fanno fermate". Ed ecco che si arriva alla considerazione della procura: "Più treni ci sono, meno tempo si ha per la manutenzione. Se questa deve essere fatta in sicurezza, si deve interrompere la circolazione" e questo ha “un impatto non indifferente” che provoca "una caduta di capacità" della linea. Insomma, un impatto in termini organizzativi, oltre che economici.
Il ruolo degli operai
I pm, in sostanza, hanno spiegato a più riprese che Rfi e gli imputati hanno cercato nel processo di scaricare le responsabilità sugli operai manutentori. "Hanno detto che hanno sbagliato e che non hanno bene interpretato il vademecum e che dovevano interrompere la circolazione", ha chiarito. A "smentire" Marco Albanesi, uno degli imputati, però, "è lo stesso Albanesi che ci dice che la lavorazione era stata programmata per un mese dopo l'incidente, ci dice che aveva insistito per un intervento per la sostituzione del giunto". Ricostruisce inoltre Ripamonti che già "nella primavera del 2017, gli operai iniziarono a notare che il giunto aveva avuto uno scollamento. C'è un capotecnico che abbiamo sentito in questi mesi in udienza e che ha detto di avere insistito a chiedere la sostituzione del giunto già oralmente a maggio 2017 e soprattutto l'estate di quell'anno. A luglio 2017 (sei mesi prima del disastro, ndr) anche c’è un piccolo svio a Pioltello, da parte di un treno passante. Si era rotto un cuscinetto ed era intervenuta una ditta. A fine agosto gli operai si arrabbiano perché il giunto non è stato sostituito".
I giunti nuovi non installati
Per la Procura quello di Pioltello fu un incidente causato da una lunga serie di "omissioni" nella "manutenzione" e nella "sicurezza", messe in atto solo per risparmiare. Il problema del giunto era noto ed era stato segnalato già dall'estate 2017, ma si intervenne solo con una zeppa di legno "tampone" sotto il giunto ammalorato. "La mattina del disastro - ha proseguito la sostituta procuratrice - io e il collega Lesti abbiamo percorso 2 chilometri a piedi a partire dal punto dello svio e all'altezza del giunto rotto, di fianco alla ferrovia, vediamo un carrello con tutti i giunti nuovi non installati. Cos’era successo? Dicevano che prima di Natale sarebbe arrivata la ditta a installare i giunti nuovi, il 28 dicembre Ernesto Salvatore, (l'allora responsabile del Nucleo manutentivo Lavori di Treviglio di Rfi, che ha già patteggiato una pena a 4 anni di carcere, ndr) inizia a preoccuparsi, è un vecchio ferroviere, oltre ad avere una grande esperienza. Visionando il giunto, capisce che c’è qualcosa che non va e manda gli operai a controllare tutte le settimane. Gli operai dicono che non ci sono cricche visibili. Invece il giunto si rompe, proprio il 25 gennaio. Fino a quel momento era stata fatta una rincalzatura (con una zeppa di legno e con la risistemazione del pietrisco, il cosiddetto ballast, ndr) ma questa non si può fare all’infinito, soprattutto non in maniera superficiale". Dalle foto della "scena del crimine", effettuate dai consulenti della procura arrivati, il primo, un’ora dopo il disastro, e l’altro solo tre ore dopo perché era più lontano da Pioltello, si vede - e il pm mostra in aula la foto - che il giunto "ha due tipi o di cricche: una cricca di fatica di due millimetri, il resto sono fast fracture, cioè fratture rapide che provocano un taglio netto".
Gli imputati, le accuse e la violazione delle norme sugli infortuni sul lavoro
Nel processo figurano nove imputati, tra cui, oltre a Rete ferroviaria italiana anche responsabile civile, l'ex ad Maurizio Gentile e altri ex dirigenti, dipendenti e tecnici di Rfi. Al centro del procedimento le accuse di disastro ferroviario colposo, omicidio colposo, lesioni colpose e solo per alcuni "rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro". La pm Ripamonti si è soffermata in un discorso di natura giuridica sul perché la quinta sezione del tribunale, presieduta da Elisabetta Canevini, dovrebbe valutare l'ipotesi di violazione delle norme sugli infortuni sul lavoro. "Qui abbiamo persone offese che non sono lavoratori, ma dei terzi, eppure ci chiediamo se la normativa si applica anche a loro. La risposta giurisprudenziale è tendenzialmente positiva - ha detto - ed è stato un punto che è stato un oggetto specifico nel processo sulla strage di Viareggio, anche se poi è stato escluso dalla Cassazione".
Ricordiamo qui che l'esclusione della aggravante da parte della Suprema Corte ha comportato la prescrizione degli omicidi colposi, proprio in quel dibattimento. "I passeggeri sono stati esposti alla medesima situazione di rischio?", è la domanda che è stata posta oggi in udienza. La risposta è sì, almeno secondo la procura.
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