Bossetti e quegli "errori" sui reperti: la battaglia infinita slitta ancora

Nuovo rinvio per la difesa di Massimo Bossetti, che reclama il proprio diritto a visionare i reperti che inchiodarono il muratore di Mapello per l'omicidio di Yara Gambirasio

Bossetti e quegli "errori" sui reperti: la battaglia infinita slitta ancora
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Si allungano ancora i tempi per la visione dei reperti da parte della difesa di Massimo Bossetti. Era infatti prevista per il prossimo lunedì l’udienza in corte d’assise a Bergamo in cui gli avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporini avrebbero visto per la prima volta i reperti confiscati.

Si tratta di una questione annosa: i reperti consistono in 54 provette contenenti Dna rinvenuto sugli slip e sui leggings di Yara Gambirasio, la 13enne scomparsa da Brembate di Sopra il 26 novembre 2010 e ritrovata cadavere tre mesi più tardi a Chignolo d’Isola. Il Dna fu attribuito a Ignoto 1 e successivamente, con un tipo di ricerca senza precedenti nella storia della giurisprudenza italiana, a Massimo Bossetti, che fu quindi condannato all’ergastolo in tre gradi di giudizio.

Da tempo i legali di Bossetti hanno chiesto di visionare questi reperti, presentando un “ricorso straordinario per errore materiale o di fatto”, ma l’udienza di lunedì sarà spostata a data da destinarsi, come da decisione del presidente dell’assise Donatella Nava. La Cassazione aveva riconosciuto questo diritto a Salvagni e Camporini nel 2023, dopo che questi avevano ricevuto l’autorizzazione in corte d’assise alla fine del 2019.

È proprio alla fine del 2019 però che è partito un braccio di ferro: da un lato il presidente della prima sezione penale Giovanni Petillo aveva precisato all’Ufficio corpi di reato che si sarebbe trattato di una “mera ricognizione dei corpi di reato […] rimanendo esclusa qualsiasi operazione di prelievo o analisi degli stessi”, dall’altro per i legali di Bossetti c’è un “errore di fatto” appunto: dal loro punto di vista la successiva nota di Petillo non sarebbe da inserire nell’autorizzazione ricevuta in assise. La difesa del muratore di Mapello vuole in altre parole poter esaminare i reperti, non semplicemente vederli.

Non solo: vorrebbero che fosse nominato un perito affinché sia indicata la modalità più corretta per l’ostensione dei reperti. Nel loro ricorso, Salvagni e Camporini hanno peraltro sottolineato che l’autorizzazione “deve ritenersi irrevocabile, valida, vigente, intangibile e non può essere in alcun modo discussa”.

Massimo Bossetti si trova recluso nel carcere di Bollate.

Nonostante i tre gradi di giudizio - nei quali è stato inchiodato tuttavia proprio dai reperti e dal tipo di indumenti in cui i reperti sono stati trovati - continua a proclamare la propria innocenza. E parte dell’opinione pubblica è dalla sua parte: secondo molte persone Bossetti sarebbe estraneo all’omicidio della giovanissima Yara, colpita e lasciata morire in un campo al freddo di novembre.

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