Inchiesta ultras, Daspo da 3 a 10 anni: notificati i primi 24 provvedimenti

Divieto di accesso per qualsiasi manifestazione sportiva: ecco i primi provvedimenti per gli ultras di Inter e Milan coinvolti nell'inchiesta sugli affari illeciti di alcuni esponenti delle due curve

Inchiesta ultras, Daspo da 3 a 10 anni: notificati i primi 24 provvedimenti
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Non potranno più entrare allo stadio e a tutte le altre manifestazioni sportive sul territorio nazionale per un periodo compreso fra tre e 10 anni: è questo il provvedimento di Daspo nei confronti di 24 ultras di Inter e Milan emesso dal questore di Milano, Bruno Megale, nell'ambito dell'inchiesta dove sono direttamente coinvolte la Curva Nord nerazzurra e la Curva Sud rossonera.

Giro di vite

Si tratta soltanto della prima parte di notifiche, tutte le altre arriveranno a stretto giro: si inizia a chiudere il cerchio, quindi, sulle sporche vicende che riguarda alcuni ultras delle due fazioni del tifo che erano soci in affari. Nella giornata di oggi, tra l'altro, la Commissione parlamentare antimafia passerà a setaccio tutti gli atti dell'inchiesta di Milano sui presunti affari illegali, le violenze e il "patto di non belligeranza" tra gli ultras delle due curve. I Daspo, insomma, non si fermano oggi ma ne arriveranno a decine.

Cos'è un Daspo

L'acronimo sta per "Divieto di Accedere alle manifestazioni sportive" ed è una misura prevista dalla legge del 13 dicembre 1989 numero 401 con cui si vieta l'accesso agli impianti sportivi ai soggetti ritenuti pericolosi. Nello specifico, l'articolo 6 è dedicato al "Divieto di accesso ai luoghi dove si svolgono manifestazioni sportive" dove si elencano tutti i criteri per applicare questo divieto, che vale per le persone denunciate e che abbiano preso parte attiva a violenze, minacce o intimidazioni. Il Daspo può anche estendersi a competizioni all'estero: il questore, se ce ne fosse bisogno, può obbligare i soggetti a comparire personalmente una o più volte negli orari indicati, nell'ufficio o comando di polizia competente.

Il silenzio dei capi ultras

Nel frattempo, dopo gli arresti dello scorso 30 settembre, continuano a non parlare i capi ultras di Inter e Milan, Marco Ferdico e Luca Lucci, che hanno fatto scena muta di fronte al gip Domenico Santoro: l'accusa per gli ultras nerazzurri è di associazione a delinquere con l'aggravante favoreggiamento per il clan Bellocco. Per gli ultras del Milan sarebbero invece emersi contatti con "ambienti della criminalità organizzata calabrese", rapporti che non consentono di contestare l'aggravante "ma forniscono l'idea di un progressivo avvicinamento tra delinquenza da stadio e 'ndrangheta dagli sviluppi ad oggi non prevedibili".

Nel caso dei milanisti sarebbe emerso un dato che testimonia "la pericolosità del sodalizio criminoso milanista, in grado di potersi appoggiare e di avvalersi di soggetti di rilevante spessore". Lucci, in qualità di capo ultras della Sud, sarebbe riuscito a "tessere, soprattutto con noti artisti italiani (Fedez, Emis Killa, Lazza, Tony Effe, Cancun, Gue Pequeno), relazioni di carattere lavorativo nel settore musicale", si legge in uno dei passaggi dell'inchiesta.

In questo modo avrebbe potuto aumentare esponenzialmente "i propri guadagni, avviando preliminari accordi tesi a gestire i concerti di tali artisti, sia sul territorio nazionale (e in particolare in Calabria), sia internazionale, facendo leva sull'intraprendenza del suo fedelissimo Islam Hagag, già in contatto con alcuni imprenditori operativi nel settore, molti dei quali di origine calabrese".

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