
"Insulti nazisti". I legali della senatrice a vita Liliana Segre si sono opposti alla richiesta di archiviazione che la Procura di Milano ha formulato per 17 persone, indagate per diffamazione aggravata per una serie di "post e commenti gravemente offensivi pubblicati sui social media" e ispirati da un "intento discriminatorio e antisemita", nei confronti della senatrice, che è stata bersagliata anche via mail, oltre che in rete.
Frasi ripugnanti, offese volgari, discorsi aggressivi e carichi di ostilità gratuita, o peggio: motivata dall’odio etnico-religioso. Come noto, da anni - da molto prima del 7 ottobre e della successiva guerra - esiste una consistente - pur se minoritaria - pattuglia di odiatori, che in rete perdono ogni inibizione, e si scatenano ogni qual volta se ne presenti l’occasione (dal Covid, alla Giornata della Memoria). Analisi e ricerche confermano che l’antisemitismo, in aumento, incanala questo carico di odio.
Parte di questo materiale è finito in denunce che i legali della senatrice hanno presentato nei confronti a più riprese. Formalmente, tre sono state le querele depositate dai legali della senatrice nel novembre del 2022. Queste istanze sono poi state integrate con successive denunce-querele. In tutto 27, che hanno interessato centinaia di casi o soggetti, fino al luglio del 2024. Episodi differenti sono poi confluiti in fascicoli assegnati ai pm Alessandro Gobbis e Leonardo Lesti.
A gennaio è arrivato a maturazione il filone di indagini condotte dal pm Rossato, che ha ritenuto di procedere con avviso di conclusione delle indagini nei confronti di 12 soggetti per 16 contenuti diffamatori, avanzando richiesta di archiviazione per tutte le restanti dichiarazioni, per la maggior parte di autore ignoto, essendo state identificate le persone titolari di soli 17 account.
Richiesta di archiviazione della Procura anche per Gabriele Rubini, in arte chef Rubio. Nel suo caso, a giudizio del pm, post e commenti sarebbero state «espressione delle proprie personali opinioni e dell’impegno pubblico» a favore della «causa palestinese». «Tali espressioni, anche se lesive della reputazione - si legge - devono quindi considerarsi scriminate dal legittimo esercizio del diritto di critica».
Ed ecco l’opposizione dell’avvocato Saponara, che oggi è comparso davanti al gip Alberto Carboni, chiedendo di respingere la richiesta di archiviazione e ordinare al pm la prosecuzione delle indagini. Saponara ha presentato un atto di 18 pagine e si è servito anche di una legenda e di un grafico: con il colore viola ha riportato le «dichiarazioni diffamatorie perché insultanti», in blu quelle «attributive di “nazista” e simili e/o di manipolazione della storia personale», in bordeaux quelle «pacificamente connotate da antisemitismo» e in verde le dichiarazioni «potenzialmente integranti il reato di propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa». «Il problema vero - ha spiegato il legale - è che nel 90 per cento dei casi» analizzati dalla Procura «l’insulto è nazista». «Non sono insulti alla sua veneranda età o alle sue posizioni politiche, ma sono insulti nazisti».
Nell’opposizione, là dove si sviscera la questione della «critica politica», si evidenzia come la giurisprudenza chiarisca che anche nell’esposizione di opinioni «occorre comunque “un nucleo di veridicità” diversamente risolvendosi la critica in “pura congettura e possibile occasione di dileggio e mistificazione”». Insomma, il fatto oggetto di opinione deve poggiare su un contenuto fattuale vero e al minimo comunque “non strumentalmente travisato e manipolato”». Inoltre anche il dissenso e la critica presuppongono sempre «il rispetto del limite della continenza delle espressioni utilizzate». «La critica politica non può essere un mero insulto», ha spiegato insomma il legale della senatrice.
L’avvocato Saponara si è opposto anche alla richiesta di archiviazione di numerose posizioni a carico di ignoti, dal momento che molti querelati - che si presume abbiano agito dietro pseudonimo o «nick name», non sono stati identificati. Entro un paio di settimane il gip dovrà decidere se accogliere la richiesta di archiviazione, disporre ulteriori approfondimenti o ordinare l’imputazione coatta.
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