La memoria sbiadita di Turetta

Ciò che più fa riflettere, infatti, anzi ciò che fa saltare il respiro, almeno il mio, è proprio la titubanza, la confusione espressa da Turetta, i tanti "non lo so" e i "non ricordo", le pause lunghissime e le frasi mozzate, l'essere tremendamente schivo, l'incapacità di sostenere gli sguardi dei presenti

La memoria sbiadita di Turetta
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Sono i giorni di Filippo Turetta, che lo scorso 11 novembre ha ucciso brutalmente Giulia Cecchettin. Sono i giorni in cui la tv torna a trasmettere l'immagine di questo ragazzo, che dalle ultime ore si sta mostrando con una felpa scura, occhi bassi e voce strascicata, seduto, anzi inchiodato in una delle aule della Corte d'Assise di Venezia come un animale in preda allo smarrimento, di fronte al quale si perde davvero il fiato.

Ciò che più fa riflettere, infatti, anzi ciò che fa saltare il respiro, almeno il mio, è proprio la titubanza, la confusione espressa da Turetta, i tanti «non lo so» e i «non ricordo», le pause lunghissime e le frasi mozzate, l'essere tremendamente schivo, l'incapacità di sostenere gli sguardi dei presenti. Tutto ciò è però da legare alla spietatezza del suo racconto, alla lucidità con cui questo giovane uomo intercetta la propria volontà omicida e candidamente la confessa.

Eccolo quindi descrivere con estrema freddezza le diverse fasi dell'aggressione, ammettere il delirio che lo ha dominato, parlare dello scotch, del rapimento, del sangue e delle coltellate: quasi stia compilando un elenco, come leggendo da una surreale lista

dell'orrore alla quale man mano aggiunge riferimenti.

Preciso come un metronomo, ma pure capace di un'approssimazione eccezionale: Filippo Turetta, carnefice che trema come un agnello, ha dunque segregato la sua vita in questa doppiezza ferocissima, frutto di una strategia legale forse, o forse mero sintomo di una perdizione.

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