Respinto l'assalto delle toghe, Molinari assolto dall'accusa di falso elettorale. "Anni di fango e veleni"

Il tribunale di Torino non ha accolto la richiesta della procura di una condanna a 8 mesi per il capogruppo della Lega alla Camera su una vicenda risalente alle Comunali di Moncalieri del 2020. Scagionati anche altri due imputati leghisti

Respinto l'assalto delle toghe, Molinari assolto dall'accusa di falso elettorale. "Anni di fango e veleni"
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Il capogruppo della Lega alla Camera, Riccardo Molinari, è stato assolto dall'accusa di falso elettorale. La sentenza è stata pronunciata dal giudice Paolo Gallo, del tribunale di Torino, perché "il fatto non sussiste". Un verdetto che riguarda anche gli altri due imputati. La procura aveva chiesto otto mesi di reclusione. Il reato contestato al parlamentare leghista era quello di "falsificazione mediante alterazione della lista". L'indagine giudiziaria era stata aperta dopo un esposto presentato dai Radicali, che avevano sollevato il caso. Subito è arrivato il messaggio di Matteo Salvini in sostegno del presidente del gruppo dei deputati della Lega. "Un abbraccio all'amico Riccardo Molinari, assolto dall'accusa di falso elettorale perchè il fatto non sussiste. Anni di fango e di veleni spazzati via senza se e senza ma, alla faccia di chi - anche nelle scorse ore - evidenziava le richieste dell'accusa sperando in una condanna".

Come era nato il caso giudiziario contro Molinari

I fatti processuali si riferivano al presunto illecito avvenuto nel 2020 in occasione delle elezioni comunali di Moncalieri (in provincia di Torino) quando il nome del candidato del Carroccio, Stefano Zacà - ex di Forza Italia -, venne cancellato dalla lista "Lega Salvini Piemonte" poco prima della consegna delle liste all'ufficio elettorale del comune piemontese che si stava apprestando al voto del nuovo sindaco. Per Zaccà erano già state raccolte all'epoca 76 firme. Nella sua requisitoria, il pm Gianfranco Colace aveva chiesto 8 mesi (la pena minima prevista dalla legge) anche per gli altri due imputati: il segretario provinciale leghista Alessandro Benvenuto, deputato nella scorsa legislatura, e Fabrizio Bruno, all'epoca delegato del partito al deposito delle liste e indicato come autore materiale del falso. Anche loro alla fine assolti dal tribunale di Torino.

Secondo la ricostruzione dell'accusa, l'esclusione di Zacà venne decisa "per non fare uno sgarbo" a Paolo Zangrillo, oggi ministro della Pubblica amministrazione, esponente di Forza Italia e residente a Moncalieri, che non è mai risultato tra gli imputati (la sua posizione era già stata archiviata). "Un intervento sulla lista può farlo solo la commissione elettorale e mai per ragioni di opportunità politica, ma solo per irregolarità nella procedura - aveva sostenuto Colace nella propria requisitoria -. La soluzione doveva essere ripetere la raccolta delle firme, anche se il tempo rimasto era poco. Così, invece, è stato alterato un atto". Parole che non sono state prese in considerazione dal giudice Gallo nel suo responso: Riccardo Molinari è infatti risultato non colpevole.

La difesa dei tre inquisiti leghisti

Tutte e tre gli imputati sono stati difesi dall'avvocato Luca Gastini. Nella sua arringa difensiva il legale aveva osservato che "tutti gli organi che si sono occupati di questa vicenda (Tar, Consiglio di Stato, commissioni elettorali ndr) non hanno mai evidenziato profili di rilevanza penale". L'avvocato ha poi spiegato in aula che "la barratura sul nome di Zacà non contava nulla.

Era soltanto la modalità operativa con cui si era resa più chiara la situazione: quel candidato non c'era, gli altri 23 sì. Di Zacà mancava l'accettazione e il curriculum, erano i due documenti indispensabili. Senza la barratura non sarebbe cambiato. Il falso quindi è totalmente irrilevante".

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