Il caso Unabomber verso la svolta: "C'è il Dna". Nel mirino altri 20 sospettati

Sono state acquisite informazioni utili dai reperti esaminati con le nuove tecnologie. A ottobre l'udienza preliminare nell'inchiesta bis sul bombarolo del Nordest che seminò il panico tra il 1994 e il 2007

Il caso Unabomber verso la svolta: "C'è il Dna". Nel mirino altri 20 sospettati
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Si profila una svolta clamorosa nell'indagine bis sul mistero di Unabomber, il "bombarolo" del Nordest che seminò il panico in Veneto e Friuli-Venezia Giulia tra il 1994 e il 2007 con piccoli ordigni esplosivi che causarono il ferimento di ben 18 persone. Stando a quanto riporta il Corriere della Sera, che rilancia una notizia esclusiva diffusa dal gruppo Nem, i periti incaricati dal gip Trieste sarebbero riusciti a estrapolare per la prima volta un solo Dna dai reperti acquisiti all'epoca degli attentati e riesaminati con le nuove tecniche scientifiche. Non solo. Oltre agli undici indagati, altri venti persone sarebbero attenzionate dagli inquirenti.

Nastro isolante, uova e tubi-bomba

I frammenti genetici sono emersi dall'analisi di alcuni peli rintracciati sulla bomboletta di stelle filanti inesplosa e trovata a San Vito al Tagliamento il 6 marzo del 2000. Altri sono stati individuati nell'uovo-bomba inesploso e lasciato dal misterioso attentatore al supermercato di Portogruaro il 31 ottobre del 2000. E ancora, sui peli scoperti sul nastro isolante che era stato utilizzato per chiudere una lattina di pomodori esplosa in mano a Nadia De Ros il 6 novembre del 2000, su un tubo-bomba che l'1 novembre dello stesso anno ferì una donna di Livenza e sul nastro isolante di un tubetto di maionese inesploso trovato a Roveredo in Piano il 17 novembre del 2000.

I rilievi sui resti delle bombe esplose

Altri rilievi dattiloscopici sono stati effettuati sui resti delle bombe esplose e, nello specifico, su quella deflagrata nel bagno del Tribunale di Pordenone il 24 marzo del 2003, sull'inginocchiatoio della chiesa di Sant'Agnese a Portogruaro e sulla scatoletta di sgombro inviata alla suore di Concordia Sagittaria l'11 marzo del 2002. Infine, altre accertamenti sono stati eseguiti su due ordigni non deflagrati: la lattina di Coca Cola trovata a Zoppola (Pordenone) il 28 ottobre del 2007 e un altro congegno individuato sotto la sella della bici di una donna a Portogruaro il 9 luglio del 2005.

I nuovi sospettati e i test genetici

Gli esperti stanno procedendo con le analisi incrociate tra il Dna estratto dai reperti e i profili genetici degli undici indagati. Inoltre altre venti persone hanno dato la loro disponibiltà a collaborare con le autorità. Si tratta di soggetti i cui nominativi erano contenuti nel fascicolo iniziale della procura di Trieste ai quali, però, non è stato notificato ancora l'avviso di garanzia (non sono indagati ndr). Le tracce genetiche saranno confrontate anche con i profili contenuti nella Banca nazionale del Dna, appartenti a individui che abbiano scontato una pena in carcere nel periodo di riferimento per gli attentati. Gli accertamenti sono tutt'ora in corso, ma l'esito delle perizie sarà depositato in tempo utile per l'udienza del prossimo ottobre.

L'ira dell'avvocato di Zornitta

A quanto pare, gli avvocati degli undici indagati non sarebbero stati informati delle analisi comparative. "Nè il gip, nè la Procura e nemmeno i suoi consulenti mi hanno reso edotto di una notizia che, se davvero è stata fatta filtrare all’esterno, rappresenterebbe una grave falla in un sistema democratico e di diritto", ha detto al Corriere.it l'avvocato Maurizio Paniz, che assiste l'ingegnere Elvo Zornitta, nuovamente indagato dopo essere stato prosciolto nel 2009. "Detto questo, sarei felicissimo se davvero ci fosse qualsiasi approfondimento in grado di individuare il responsabile di 34 attentati messi a segno dal 1994 al 2006 tra Friuli Venezia Giulia e Veneto, ma come ho sempre detto nutro più di qualche perplessità sulla corretta conservazione dei reperti. - ha proseguito il legale - Dalla quale dipende la garanzia delle prove.

Aspetto comunque il deposito della perizia per poter esaminare i nuovi esiti delle analisi e discuterli in udienza". E infine: "Zonitta ha già sofferto abbastanza per trasmettergli una notizia che non ho ricevuto nemmeno io e che, secondo me, al momento non sta né in cielo né in terra".

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