"Una legge per organizzare gli islamici". E la sinistra fa scattare la bufera in Francia

L'ex primo ministro Édouard Philippe è finito nel mirino della sinistra gauche caviar per aver sottolineato che l'islam non è una religione come le altre

"Una legge per organizzare gli islamici". E la sinistra fa scattare la bufera in Francia
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Prosegue, in Francia, lo scontro sulle dichiarazioni dell'ex primo ministro Édouard Philippe sull'Islam. In un'intervista rilasciata a France Inter, Philippe, primo ministro francese dal maggio 2017 al luglio 2020, fondatore del partito liberalconservatore Horizons e sindaco di Le Havre, ha commentato il rapporto dell'Islam con le istituzioni francesi, criticando la legge del 1905, la legge di separazione tra Stato e Chiesa, con la quale la Francia divenne uno stato laico e aconfessionale.

Insomma, un vero e proprio pilastro della politica francese. "L'architettura giuridica della legge del 1905 ci obbliga a trattare tutte le religioni allo stesso modo. Ma la specificità dell'Islam solleva questioni che questa architettura non ci permette di affrontare" ha spiegato. Philippe ha ipotizzato che verrà il momento in cui potrebbe sorgere l'idea di un "Concordato" Stato-Islam, in cui lo Stato obbliga la fede musulmana a organizzarsi o a riformarsi. Tesi che ha ribadito anche nel suo ultimo libro, "Des lieux qui disent" (JC Lattès), nel quale scrive che potrebbe essere necessario prevedere "una legge e un'organizzazione specifica per i musulmani".

Bufera sull'ex primo ministro

Come scrive Michael Sadun su Le Figaro, l'interrogativo sollevato dall'ex primo ministro si basa su una giusta constatazione: "Nonostante la sua grande efficacia nel combattere l'ingerenza statale del cattolicesimo nel secolo scorso- osserva Sadun -la "laicità" concepita nel 1905 (anche se questa parola non compare nel testo della legge) trova sempre più difficoltà a risolvere le questioni sollevate da un Islam spiritualmente e demograficamente dinamico". Insomma, l'islam non è una religione come le altre perché va considerato il rapporto tra il governo e l'islam, la morale e l'etica.

Un rapporto talvolta controverso e indubbiamente complesso, soprattutto se si parla di un islam influenzato dal wahabismo-salafismo e dalla Fratellanza musulmana. Ma dinanzi a questo dato di fatto, in un articolo pubblicato da l'Obs il 16 settembre, un gruppo di rappresentanti della sinistra francese ha espresso profonda indignazione per i commenti di Édouard Philippe: per la prima volta un leader politico di alto livello, denunciano una cinquantina di personalità, tra cui Bertrand Badie, Jean Baubérot e Annie Ernaux, prevede espressamente un trattamento differenziato per la religione islamica.

L'indignazione della sinistra gauche

La legge del 1905, accusa la sinistra, stabilisce una doppia separazione tra istituzioni pubbliche e religione, e di conseguenza "la libertà delle religioni di organizzarsi come meglio credono", nonché "l'uguaglianza delle religioni di fronte alla legge". Sono questi, accusa gli intellettuali della sinistra gauche caviar, "i due principi fondamentali che Edouard Philippe sta attaccando". Il "concordato" a cui fa riferimento, osservano, "mette in discussione questa doppia separazione. In totale rottura con la legge del 1905, rappresenta la volontà di controllo di una religione da parte delle autorità pubbliche e quindi la fine della separazione tra religione e politica".

Al di là della messa in discussione della legge del 1905, attacca la sinistra, "la posta in gioco è l'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. Ciò che Edouard Philippe sostiene è semplicemente mettere in discussione questo principio fondamentale, poiché, a seconda della loro religione, non verrebbero trattati allo stesso modo". Eppure, come nota il sociologo Philippe d'Iribarne, "l'indignazione rivela una profonda incomprensione di questa religione che aspira a governare l'ordine sociale". Insomma, la sinistra non riesce a cogliere la profonda contraddizione di questo rapporto tra islam e stato per una forma di moralismo politically correct.

L'analisi di Édouard Philippe è simile peraltro a quella di un altro ex premier francese, Manuel Valls, che commentando l'ondata di rivolte innescata dall'uccisione di un adolescente da parte della polizia, ha ammesso che in Francia l'autorità dello Stato è in crisi. Nel corso di un'intervista rilasciata al Corriere della Sera, Valls ha sottolineato che nelle banlieue "si sono concentrati gli immigrati e i loro discendenti, essenzialmente di origine africana".

Parte di loro non si sono integrati, "non si sono assimilati, non amano la Francia, le sue istituzioni, i suoi simboli", ha aggiunto l'ex braccio destro di Emmanuel Macron. E allora in ciò che dice Philippe forse non c'è nulla di scandaloso, se non una buose dose di buon senso.

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