I punti chiave
È una storia stranissima quella di Salwan Momika, l'uomo finito sotto i riflettori dell'opinione pubblica internazionale per aver bruciato un Corano davanti alla più grande moschea svedese il 28 giugno 2023, il primo giorno della festa musulmana dell'Eid. L'uomo, 37 anni, un cristiano immigrato dall'Iraq alla Svezia, aveva annunciato una nuova manifestazione davanti all’ambasciata irachena di Stoccolma. Si pensava che potesse dare alle fiamme, ancora una volta, il testo sacro dell'islam, invece si è "limitato" a calpestarlo, scatenando l'ira degli islamici.
L'identikit di Salwan Momika
Ma chi è davvero Salwan Momika? Il 37enne - nome completo: Salwan Sabah Matti Momika - proverrebbe dal distretto di Al-Hamdaniya, a est di Mosul. Sarebbe arrivato in Svezia nell'aprile 2018. Tre anni dopo, nell'aprile 2021, ha ricevuto lo status di rifugiato, secondo quanto riferito da France24. Momika ha un permesso di soggiorno triennale, in scadenza nell'aprile 2024, e vive nella piccola comunità di Jarna, a sud di Stoccolma.
Secondo quanto riferito dal sito The New Arab, è fuggito in Svezia dopo essere stato denunciato di alcuni reati in patria, tra cui l'inganno. L'Iraq ha chiesto ufficialmente al Paese scandinavo di rimpatriarlo per essere perseguito secondo il codice penale iracheno.
L'arrivo in Svezia
Momika è sposato e ha due figli. Quando è arrivato in Svezia, si è offerto volontario per lavorare in un partito svedese di estrema destra noto per la sua ostilità nei confronti di migranti, musulmani e arabi, facendo una campagna per deportare i migranti arabi dal Paese.
Su Facebook, Momika si descrive come un "politico, pensatore e autore ateo e illuminato". È attivo anche su altri social media, tra cui TikTok. I suoi account – e questo è un particolare interessante - sono stati creati dopo aver ottenuto lo status di rifugiato in Svezia.
Prima del gesto eclatante di incendiare il Corano, l'uomo aveva pubblicato diversi video online, spesso con nomi di Paesi a maggioranza musulmana in arabo come hashtag. Questo fa sembrare probabile che stesse cercando di suscitare quanta più pubblicità possibile per il suo gesto.
Un passato misterioso
Alcune fonti hanno definito Momika "un opportunista" in cerca di fama pubblica che non sarebbe nemmeno riuscito a ottenere il sostegno della sua comunità cristiana in Iraq, ha evidenziato il portale Al-Araby Al-Jadeed. In un filmato che circola sul web – presumibilmente registrato dopo il rogo del Corano - Momika afferma di essere a capo di una milizia cristiana all'interno delle Brigate dell'Imam Ali, organizzazione creata nel 2014 e accusata di crimini di guerra.
Nel 2014, l'uomo avrebbe dato vita ai Faucons des force syriaques (Falchi delle forze siriache), milizia e branca armata del partito Syriac Democratic Union. Momika avrebbe gestito questo gruppo armato nella periferia di Mosul nel 2017 ma sarebbe stato sconfitto in una lotta di potere con Rayan al-Kaldani, il capo di un'altra milizia cristiana, questa chiamata Babylon. A quel punto, Momika sarebbe fuggito dal suo Paese di origine.
Entifadh Qanbar, presidente della Future Foundation di Washington Dc, ha invece scritto in un tweet che Momika sarebbe un membro delle Forze di mobilitazione popolare irachene (PMF), una forza paramilitare sostenuta dall'Iran.
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