La giustizia è calata su una delle vedove di Abu Bakr al-Baghdadi, fondatore dello Stato islamico (Isis). Asma Mohammed è stata condannata a morte da un tribunale iracheno con l’accusa di complicità nelle violenze commesse ai danni di donne della minoranza yazida catturate dai jihadisti.
La notizia è stata diffusa dal Consiglio giudiziario dell’Iraq, mentre la sentenza è stata emessa dal tribunale penale di Karkh. La vedova del califfo è stata condannata, nello specifico, per “aver trattenuto donne yazide nella sua casa” e per aver favorito il loro rapimento da parte di “bande terroristiche” dell’Isis “nel distretto di Sinjar”. I giudici hanno dichiarato che la sentenza è stata emessa in conformità con la legge antiterrorismo irachena e la “legge dei sopravvissuti yazidi”. Asma Mohammed è stata arrestata in Turchia nel 2018 e in seguito estradata. Suo marito aveva proclamato la nascita del Califfato in zone dell’Iraq e della Siria il 29 giugno 2014 ed è stato ucciso nel 2019 in un raid guidato dagli Stati Uniti.
Gli yazidi sono una minoranza che abita la piana di Ninive e la regione di Sinjar, situata a 15 chilometri dal confine con la Siria e occupata dai terroristi dell’Isis nell’agosto del 2014. Gli uomini di al-Baghdadi hanno messo gli uomini della comunità davanti a una scelta: la morte o la conversione. Le donne, invece, sono state stuprate, deportate, ridotte in schiavitù e vendute come merce. Si stima che nei primi giorni dell’attacco dello Stato islamico siano state uccise 3.100 yazidi e che altri 6.800 siano stati rapiti. Durante il regno del terrore dell’Isis, circa il 2.5% di questa popolazione è stata sequestrata o massacrata. Questo genocidio è stato il primo nella storia ad essere trasmesso su Internet, per un macabro esercizio di propaganda.
Ad oggi, molti membri della comunità yazida non sono ancora tornati nelle loro case e altri risultano ancora dispersi. Nel corso degli anni sono state scoperte svariate fosse comuni e sia l’Onu, sia il Parlamento europeo hanno riconosciuto quanto avvenuto come un genocidio a tutti gli effetti. Lo Stato islamico è stato sconfitto in Siria e Iraq grazie agli sforzi di una coalizione guidata dagli Usa e dall’intervento diretto della Russia in sostegno dell’alleato Bashar al-Assad.
Alcune sacche di terroristi, però, permangono ancora nei due Paesi mediorientali e, a livello internazionale, la rete del Califfato è ancora attiva. Una sua branca in particolare, l’Isis-K, si è resa protagonista dell’attacco alla Crocus City Hall di Mosca, in cui hanno perso la vita 137 persone.
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