L'ultima cosa che vorremo fare è scrivere anche solo mezza riga misogina. Il nostro sogno è un mondo al femminile dove, semmai, si dibatte di quote azzurre. E poi a noi piacciono troppo i film di Hollywood in cui la protagonista è una donna elegantissima, modella, laureata in Fisica nucleare, esperta di arti marziali, con la french manicure perfetta anche mentre sta salvando nell'ordine la Casa Bianca, l'America e il mondo.
Poi però, all'improvviso, qualcosa ti costringe a passare dall'immaginario cinematografico alla realtà della cronaca. Che sa essere impietosa.
Nei momenti concitati dell'attentato a Trump si sono viste agenti donne del Secret Service del tutto inadeguate al ruolo. Più basse di venti centimetri rispetto a chi dovevano coprire. Troppo leggere per spingerlo a terra. Che gridavano «Cosa facciamo? Dove stiamo andando?». E non riuscivano a riporre la pistola nella fondina.
Attenzione. La colpa non è loro. È, semmai, di un sistema come quello americano dove anche nei settori più delicati, come la sicurezza, domina la struttura organizzativa denominata «DEI» (Diversity, Equity, Inclusion: Diversità, Equità, Inclusione) che mira a tutelare tutte le diversità riguardo al genere, l'età, l'etnia.
Ecco perché anche il 30% degli agenti del Secret Service dev'essere donna. E così il sesso diventa un requisito superiore rispetto all'abilità.Una scelta che, dice la teoria, tutela il lavoratore. Ma, dimostra la pratica, rende meno sicura la democrazia. Che va benissimo. Basta scegliere.
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