Condannato a morte 56 anni fa, scagionato l'ex pugile giapponese: "Contro di lui prove false"

Una storica sentenza in Giappone scagiona un uomo di 88 anni dalle accuse di aver commesso quattro omicidi e la conseguente pena capitale

Condannato a morte 56 anni fa, scagionato l'ex pugile giapponese: "Contro di lui prove false"
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Un verdetto più unico che raro arriva dalla Corte di Shizuoka, in Giappone, che ha assolto dalle accuse di aver commesso quattro omicidi nel 1966 Iwao Hakamada, un ex pugile di 88 anni condannato a morte che ha trascorso ben 56 anni in attesa che arrivasse il giorno del giudizio. Grazie al riesame, però, sono cadute tutte le accuse del quadruplice omicidio che ha ribaltato una condanna ingiusta ma che gli ha fatto trascorrere oltre mezzo secolo nel "braccio della morte". Oltre al record storico che riguarda la durata della sua condanna di oltre mezzo secolo, è anche il quinto caso di assoluzione nel Paese del Sol Levante dal dopoguerra a oggi. Prima del verdetto favorevole Hakamada ha continuato a scontare la sua pena a casa perché età e condizioni di salute lo rendevano un prigioniero a basso rischio di fuga.

La storia di Hakamada

Tutto nacque nel 1966 quando fu accusato di aver ucciso omicidio un dirigente d'azienda e tre membri della sua famiglia per essere poi condannato a morte due anni dopo nel 1968. In tutto questo tempo, Hakamada non è stato giustiziato sia per la lunghezza degli appelli ma anche per quella del nuovo processo che ha poi portato alla clamorosa assoluzione finale. Il giudice e presidente della corte, Koshi Kunii, leggendo la sentenza ha spiegato che con "una fabbricazione multipla di prove" l'ex pugile non era il colpevole di quegli omicidi. Prima di oggi, però, sono stati necessari ben 27 anni affinché la Corte Suprema negasse il primo appello per dare vita a un nuovo processo.

Il secondo appello fu presentato nel 2008 dall'anziana sorella, oggi di 91 anni, Hideko Hakamada: da lì si aprirono nuove speranze con una pronuncia a favore nel 2023 quando prese vita l'ultimo processo iniziato nel mese di ottobre di quell'anno. Il povero 88enne ha vissuto mille peripezie: nel 2014 un'altra corte stabilì un nuovo processo per provare a scagionarlo visto che alcune prove provenivano soltanto da accuse ritenute false e inventate da parte degli investigatori ma non si arrivò alla sua liberazione.

Il verdetto del tribunale

Dopo il verdetto, i media giapponesi hanno filmato Iwao Hakamada apparso ormai molto debole a causa dell'età e del logoramento dentro il braccio della morte. "Il tribunale ha stabilito che erano state fabbricate tre prove che facevano pensare che l'imputato fosse l'autore del delitto. Escludendo questi elementi, le altre prove a suo carico non sono sufficienti per stabilire che egli sia l'autore dei delitti", ha spiegato il giudice durante l'udienza mediatica definendo anche il metodono dell'interrogatorio "disumano" perchè mirava a infliggere "dolore fisico e mentale" e a "obbligarlo a rilasciare dichiarazioni".

Proprio a conferma di quanto deciso dal giudice nell'udienza finale, durante

le indagini che hanno seguito il suo arresto Hakamada negò le accuse in un primo momento per poi confessare: successivamente raccontò di essere stato costretto a farlo sotto violento interrogatorio da parte della polizia.

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