"Svenduto per scappare dai nazisti". Bufera sul Picasso esposto al Guggenheim

Il museo di New York è stato citato in giudizio per riconsegnare un'opera del pittore spagnolo che una famiglia ebrea era stata costretta a svendere per fuggire dai nazisti

"Svenduto per scappare dai nazisti". Bufera sul Picasso esposto al Guggenheim

Il Guggenheim è finito di nuovo nell'occhio del ciclone. Il 21 dicembre il museo di New York è stato citato in giudizio da una famiglia di origini ebree tedesche perché dal 1978 espone un Picasso appartenuto ai bisnonni, che erano stati costretti a svenderlo per fuggire dallo sterminio nazista. La faccenda ha risvolti legali e finanziari importanti dato che l'opera è valutata tra i 100 e i 200 milioni di dollari. E gli eredi sono convinti di avere tutto il diritto di riaverla indietro.

Come tanti altri che sono stati acquistati o venduti durante il periodo nazista, il quadro ha avuto una storia travagliata, che testimonia le persecuzioni del regime hitleriano. “La donna che stira” (“La repasseuse”) è stato dipinto da Pablo Picasso nel 1904, quando il talento del cubismo spagnolo aveva solo 22 anni. L’atmosfera di pesantezza e sacrificio che caratterizza la condizione dei lavoratori poveri è trasmessa dalle tonalità di blu che dominano la composizione, rimanenze del Periodo Blu che l’artista stava concludendo.

E di sacrificio parla anche la storia dell’opera stessa, che si lega per la prima volta al nome degli Adler nel 1916, quando Karl Adler la acquista dal gallerista tedesco Heinrich Thannhauser. Nel corso degli Anni Venti, mentre a Monaco di Baviera il giovane Adolf Hitler militava nelle fila del Partito Nazionalsocialista Tedesco ed elaborava la sua personale dottrina su razza, storia e politica, Karl Adler sedeva a Berlino nel consiglio d’amministrazione della più grande azienda manifatturiera di cuoio di tutta Europa e conduceva una vita agiata con sua moglie Rosi e i tre figli.

Le persecuzioni e l'esilio

Nel 1933 l’instaurazione del regime nazista in Germania ha mandato in frantumi le loro vite” si legge sui documenti del tribunale, con cui i pronipoti degli Adler raccontano come la rapida ascesa di Hitler abbia significato per i propri nonni la fine di una vita normale. Le leggi varate dal Fuhrer privavano gli ebrei dei loro possedimenti e li estromettevano dalla vita sociale ed economica del Paese, relegandoli nei ghetti. In quelle circostanze sempre più incerte, Adler aveva cercato di vendere il suo Picasso per la prima volta, ma alla sua richiesta di 14.000 dollari (che corrisponderebbero oggi a circa 300.000) non aveva trovato acquirenti e aveva scelto di tenersi l’opera.

Nel 1937 però, non riuscendo a mettere in salvo la sua famiglia in Sud America come avrebbe voluto, Adler comincia una fuga che lo rimbalza tra numerose città europee al costo di salatissime “tasse di volo” da pagare al Reich, oltre che di gravosi visti temporanei. È la vigilia della Seconda guerra mondiale quando Karl e Rosi si trovano obbligati a vendere il quadro per pagare l’esilio itinerante a cui la famiglia è costretta. Nel 1938 scelgono di vendere tutto ciò che possiedono per fuggire dall’Europa, ed è così che il Picasso torna nelle mani dei Thannhauser - questa volta del figlio, Justin - per la misera cifra di 1.552 dollari, corrispondenti a 32.000 del 2023, un prezzo di gran lunga inferiore al valore del quadro. Justin Thannhauser ha conservato gelosamente “La donna che stira” per tutta la vita, per donarla infine insieme a tutta la sua collezione alla Fondazione di Peggy e Solomon Guggenheim di New York nel 1976.

Il New York Post riferisce che i discendenti di Karl e Rosi hanno condotto delle ricerche indipendenti sui Thannhauser. Hanno così scoperto che i mercanti d’arte bavaresi hanno costruito parte della loro fortuna approfittando delle sventure di altri ebrei tedeschi, che cercavano di vendere preziose opere d’arte per fuggire dalle persecuzioni naziste. Nella citazione in giudizio depositata alla Corte Suprema di Manhattan, l’accusa sostiene che “Thannhauser conosceva bene il dramma degli Adler, e sapeva che se non fosse stato per la persecuzione nazista non avrebbe mai potuto mettere le mani su quel Picasso, tantomeno a quel prezzo”.

Il tentativo di restituzione dell'opera

I figli degli Adler non avevano mai immaginato di poter avanzare pretese sul dipinto, convinti che il modo in cui Thannhauser si era appropriato del quadro fosse legale. Tuttavia, quando nel 2016 il Congresso ha varato la Direttiva per la Restituzione di opere d’arte trafugate durante l’Olocausto, la famiglia ha trovato nuovo vigore nella rivendicazione del quadro. Nella recente azione legale mossa contro la Fondazione Guggenheim, i bisnipoti sono supportati da una decina di fondazioni non profit citate nelle volontà di uno dei figli di Adler.

L’accusa ritiene ingiusto che il museo continui a beneficiare del possesso dell’opera senza che questa sia stata acquisita tramite un giusto pagamento. Gli eredi precisano che Karl e Rosi sono stati costretti dalle persecuzioni a cedere l’opera a quel prezzo e che se non l’avessero fatto avrebbero subito una sorte tragica in mano ai nazisti. Pertanto, secondo gli Adler, è ora che il museo riconsegni l'opera ai legittimi proprietari.

Il Guggenheim rigetta l'accusa come priva di fondamento. Il museo afferma di aver condotto ricerche estensive sulla provenienza di “La donna che stira” e ricorda che già negli anni Settanta aveva contattato Eric Adler, figlio di Karl e Rosi, che però non aveva sollevato dubbi sulla legittimità della compravendita. Sara Fox, portavoce della Fondazione, si dice sicura che la transazione tra Karl Adler e Justin Thannhauser era legale, e che quindi l’opera, “unica e insostituibile”, rimarrà appesa nella sua sala a New York.

Solo l’anno scorso, lo Stato di New York ha approvato una legge in base alla quale i musei sono tenuti a dichiarare apertamente se le opere d’arte esposte sono giunte al museo tramite furto, confisca, vendita forzata o altri motivi involontari come risultato della persecuzione nazista.

È questo il caso di altre due opere di Picasso, “Ragazzo che conduce un cavallo” e “Il Moulin de la Galette”, entrambi passate per le mani di Thannahuser. Dopo aver raggiunto un accordo nel 2009 con l’erede che le rivendicava, le opere sono rimaste esposte rispettivamente al MoMa e al Guggenheim di New York.

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