Impronte digitali, capi d'accusa e arresto: è il giorno di Trump in tribunale

Il tycoon si presenta davanti al giudice per la messa in stato di fermo. Impronte digitali e codice identificativo, ma nessuna foto segnaletica. Ecco la prima udienza davanti al giudice

La prima foto di Trump in aula seduto tra i suoi legali
La prima foto di Trump in aula seduto tra i suoi legali

Il giorno storico per la politica Usa è arrivato. Donald Trump ha lasciato la sua Mar-a-Lago per comparire davanti al giudice Juan Manuel Merchan nel tribunale di Manhattan. Intorno alle 19:30, ora italiana, l'ex presidente scortato dal Secret Service, è arrivato nel palazzo della procura per consegnarsi alle autorità e prima di entrare si è rivolto verso i suoi sostenitori facendo un saluto con il pugno alzato. In mezzo il tempo di un commento rapido e graffiante in merito all'udienza, bollata come "surreale". Poi una volta chiuse le porte del palazzo di giustizia è scattato l'arresto formale, nessuna manetta ma rimarrà sotto la custodia della polizia fino all'udienza.

Il 4 aprile si candida quindi per diventare non solo l'inizio di uno dei processi più importanti per il destino del tycoon, ma anche, e soprattutto, una data cardine nella politica americana. Nel corso dell'udienza Trump si è rivolto direttamente al giudice, senza affidarsi ai suoi legali, per dichiararsi innocente. Ma come è andata la giornata nel suo complesso?

La messa in stato di fermo

Come per tutti gli americani, anche The Donald è stato costretto a passare da una procedura standard della giurisprudenza americana prevista per i crimini non violenti: la messa in stato di fermo. Si parte con un passaggio nell'ufficio di Alvin Bragg, il procuratore distrettuale che lo ha incriminato. Lì gli stono state comunicate le accuse che lo hanno portato all'arresto e poi è arrivato l'approdo in aula per formalizzare davanti al giudice tutti i capi d'imputazione. E proprio qui, riporta la stampa americana, Trump si è detto non colpevole per tutti i 34 capi d'accusa.

Nel processo c'è però una piccola variazione. Normalmente ogni imputato viene sottoposto alla rilevazione delle impronte digitali e le foto segnaletiche. Secondo quanto riporta la stampa Usa al tycoon sarebbero state risparmiate le foto. Il New York Times ha scritto che il rischio di leak alla stampa è troppo alto e pericoloso, ma soprattutto che Trump è troppo noto. Eppure lo stesso The Donald ha chiesto espressamente gli fossero scattate. L'idea di Trump, ha fatto filtrare il suo entourage alla Cnn, sarebbe stata quella di usare quelle foto in suo favore impiegandole per i manifesti elettorali della campagna 2024. Discorso diverso per le impronte digitali. La legge dello Stato impone alle autorità di raccoglierle. In più dopo la procedura gli è stato assegnato il New York State Identification Number per tracciare tutta la sua storia giudiziaria.

I capi di imputazione

Parallelamente al processo la stampa Usa ha iniziato a rivelare i primi dettagli sull'accusa. Cnn ha scritto che l'accusa formalizzata la scorsa settimana sarebbe stata svelata e i dettagli dei 34 capi di imputazione dovrebbero presto essere rivelati. Tra questi, ha riferito Nbc News, ci sarebbe anche la cospirazione. Inoltre, riferisce l'emittente, ci sarebbero anche i soldi pagati per comprare durante la campagna presidenziale del 2016 il silenzio di un'altra donna con cui aveva avuto un affaire nello stesso periodo della pornostar Stormy Daniels: l'ex coniglietta di Playboy Karen McDougal. Le accuse contro Donald Trump sono tutti reati (felony) di classe E, il livello più basso dei reati nello stato di New York, con una pena massima di 4 anni di galera. Quindi - riferisce il New York Times- nessun misfatto (misdemeanor), ossia nessun reato minore. Tra i pagamenti di Donald Trump per evitare scandali nella sua campagna presidenziale del 2016, secondo le accuse, anche 30 mila dollari ad un ex portiere della Trump Tower, il quale sosteneva che il tycoon aveva avuto un figlio al di fuori del matrimonio.

Il giallo del processo via zoom

In giornata è arrivata anche un'altra indiscrezione da parte di Tristan Snell, avvocato e commentatore della Cnn. All'ex presiedente sarebbe stato proposto di "consegnarsi" senza lasciare la Florida, svolgendo tutto l'iter giudiziario via Zoom e quindi senza doversi presentare di persona nell'aula al quindicesimo piano del Palazzo di giustizia di New York, ma lui si sarebbe rifiutato. "Visto che Trump - ha scritto l'avvocato ai suoi più di 400 mila follower - ha scelto di venire a New York per il suo arresto e la consegna, quando poteva farlo via Zoom, la città di New York dovrebbe presentargli il conto per la sicurezza extra della polizia", ha detto in tono polemico.

"Spostate il processo"

Poco prima della visita in tribunale, sono arrivate le ultime provocazioni di Trump. In particolare l'ex presidente ha chiesto di spostare il processo a suo carico da Manhattan a Staten Island, un'area più vicina al partito repubblicano: "È una sede molto ingiusta, con alcune aree che hanno votato l'1% repubblicano", ha spiegato il miliardario, "Questo processo dovrebbe essere spostato nella vicina Staten Island - sarebbe un luogo giustissimo e sicuro per il processo". Poi l'affondo al giudice Merchan, accusato di essere "fortemente di parte", con una famiglia formata da "gente che notoriamente odia Trump e una figlia che lavora per Kamala e ora la campagna elettorale Biden-Kamala".

I deputati del Gop in difesa del tycoon

Area elettrica anche fuori dell'aula del tribunale, con decine di supporter trumpiani raccolti per protestare contro l'incriminazione. Molti erano arrivati da tutto il New England, e quasi tutti avvolti nella bandiera americana. Per l'occasione, ma soprattutto per evitare momenti di tensione la polizia dedicato un'area apposita, Collect Pond Park di fronte all'ingresso della procura. Nella massa presente anche il gruppo di 'Black for Trump' che rivendicano la loro libertà di espressione.

Nella nutrita pattuglia dei trumpiani c'erano anche alcuni repubblicani del Congresso. Fra i primi a confluire George Santos, da tempo nella bufera per aver mentito sul suo curriculum. Con loro, anche se solo per pochi minuti, la passionaria trumpiana Marjorie Taylor Greene. "Sono qui per protestare e usare la mia voce per prendere posizione", ha detto in un brevissimo discorso, "Ogni americano dovrebbe farlo. Questo è ciò che succede nei Paesi comunisti, non negli Stati Uniti". "Noi", ha aggiunto, "dobbiamo prendere posizione contro l'ingiustizia, la corruzione e i comunisti democratici. Donald Trump è innocente". La deputata della Georgia è stata accolta da applausi ma anche da fischi della folla.

Nei pressi della corte, infatti, si sono ammassati anche dei contestatori di Trump con il rischio di tensioni crescenti nel corso della giornata. Presente anche il deputato dem Jamaal Bowman che ha urlato: "È ora è il caso di parlare della verità".

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