«Dovrebbe morire in prigione. È un uomo pericoloso». Per Dominique Pelicot (condannato in Francia a vent'anni di carcere per aver drogato la moglie per dieci anni facendola violentare da almeno cinquanta uomini) il giudizio finale è arrivato ben prima della sua fine, proprio come scriveva Albert Camus ne La caduta. E ciò che è tanto atroce quanto comprensibile è che è uscito dalla bocca di sua figlia, Caroline Darian. Che a non lasciar passare un uomo dalle maglie della storia sia la persona che ha messo al mondo è persino più infamante che essere respinti dal creatore. Ma d'altra parte Dominique, come si limita a chiamarlo Caroline, non può essere considerato un padre così come non può essere ritenuto un uomo.
«Dovrebbe morire in prigione» si augura Caroline in un'intervista rilasciata al programma Today di Bbc Radio4 e non c'è una sola sillaba che strida
nella pronuncia dello spietato verdetto. Niente è stato spietato e atroce e schifoso quanto gli anni di abusi inconsapevoli inflitti da Dominique alla moglie Gisele: ecco, tantomeno può essere considerato un marito, Pelicot.
Il giorno in cui Caroline ha saputo delle violenze sulla madre, un lunedì sera del novembre 2020, le si è squarciata la vita. L'orrore sul corpo di quella donna minuta e ignara, l'incubo di aver subito la stessa sorte, il dramma di disconoscere all'improvviso l'uomo che ha sempre considerato un padre «normale», uno come tutti gli altri. Doversi immaginare quelle notti, quel carosello dell'atroce su sua madre, drogata, stordita, tradita e stuprata da tutti quegli sconosciuti nel suo letto, tra le pareti della casa in cui Caroline è cresciuta, nella quale al pomeriggio, da bambina, faceva i compiti e la merenda, accanto a quella cucina in cui cenavano tutti e tre assieme, come le altre famiglie, parlando delle rispettive giornate e lamentandosi delle tasse, della frutta che ormai non sa più di nulla, dei vicini di casa
rumorosi. In quella casa dove hanno speso una vita apparentemente normale.
Solo che poi, lì dentro, arrivava un'altra notte, scendeva un altro buio. Dominique le ha fatte sentire guaste, entrambe. Ha cancellato loro gli anni perché è quello che succede quando ci si accorge di aver vissuto una realtà che altro non è stata se non un'allucinazione. Un mostro in pantofole, affondato nel divano del soggiorno, sistemato al centro di una famiglia dall'aria tranquilla, seduto a capotavola.
La targhetta col cognome sulla porta e l'inferno dietro l'uscio. Oggi Caroline si augura che il padre muoia in prigione. E non c'è nulla che riesca a indignarci nel suo anatema. Se accadesse, persino Dio la chiamerebbe giustizia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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