Aggressioni, avvelenamenti, malattie: tutte le morti a cui è scampato Navalny

Navalny è scampato più volte alla morte: aggressioni, avvelenamenti, maltrattamenti, tutti a firma del regime di Vladimir Putin

Aggressioni, avvelenamenti, malattie: tutte le morti a cui è scampato Navalny
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Alxey Navalny è morto. Se ne va, da un carcere ai confini del mondo, uno dei più strenui oppositori del regime di Vladimir Putin. Una fine che in molti attendevano, e sulla quale difficilmente conosceremo mai la verità. Il dissidente si sarebbe sentito male durante una passeggiata, perdendo quasi immediatamente conoscenza. Questo è quanto si legge in una nota della locale amministrazione dei Servizi penitenziari federali russi, secondo quanto riporta il sito Meduza, riferendo della morte del 47enne dissidente russo nella colonia penale a regime speciale di Kharp, nella regione artica di Yamalo Nenets.

L'attacco alla zelyonka nel 2017

La storia di quest'uomo, fin dal suo esordio tra le fila degli antiputiniani, è stata segnato da aggressioni e tentativi di avvelenamento. Solo pochi mesi dopo l'annuncio della sua candidatura (sfumata) alle elezioni presidenziali (era il dicembre 2016), nell'aprile del 2017 venne assalito da sconosciuti poco fuori il suo ufficio personale presso la Fondazione anti-corruzione. Gli aggressori utilizzarono una sostanza denominata zelyonka, una sorta di tintura verde antisettica, che può danneggiare gli occhi dell'aggredito.

L'agguato fece seguito ad un'aggressione simile, in quella stessa primavera, che non ebbe conseguenze gravi, e sul quale lo stesso Navalny ironizzò. Questo tipo di attacchi, infatti, erano divenuti molto popolari in Ucraina tra il 2013 e il 2014, anche per via della facile reperibilità della sostanza. Nel secondo episodio, presumibilmente, la sostanza venne arricchita con un liquido caustico: questo gli avrebbe provocato gravi ustioni all'occhio destro, tanto da perdere circa l'80% della vista. Navalny e il suo staff gridarono all'attentato di Stato, ma senza esiti.

L'avvelenamento da Novichok

Tre anni dopo Navalny è con la sua portavoce Kira Jarmys a bordo dell'aereo S7 Airlines, in volo da Tomsk a Mosca, quando iniza ad avvertire strani malori che lo portano in pochi minuti al coma. L'aereo, è costretto ad un atterraggio di emergenza a Omsk: il Cremlino non può non approvare il suo trasferimento d'urgenza - in coma - in Germania, offertasi come Paese ospitante dopo le richieste della famiglia del dissidente. Una settimana dopo, le analisi confermano che si tratta di un tentativo di avvelenamento con il Novichok, l'agente nervino inconfondibile impronta degli apparati di sicurezza russi usato anche nel celebre caso di Sergej Skripal' nel 2018.

Uscito dal coma, Navalny sa, come ogni esponente di spicco dell'opposizione, come anche Vladimir Kara-Murza, che non può rimanere fuori dalla Russia e allo stesso tempo fare politica e incarnare la possibilità di una alternanza al potere. Torna a Mosca all'inizio del 2021. Viene arrestato ancora prima di passare il controllo del passaporto.

La sospetta tubercolosi e lo sciopero della fame

Ad aprile 2021, pochi mesi dopo il rientro volontario in Russia e l'inizio della detenzione durissima, Navalny inizia a soffrire gli stessi sintomi di alcuni suoi compagni di cella, affetti da tubercolosi. La sintomatologia si va a sovrapporre a quella della sciopero della fame che il dissidente intenta come protesta alle condizioni estreme a cui sono sottoposti lui e i suoi compagni: privazione del sonno, alimentazione a base di ortaggi congelati, pietanze disgustose e mescolate a rifiuti, eccesso di zuccheri (i dolciumi abbassano i costi delle spese per il regime carcerario), mancate cure mediche e dentistiche.

Malnutrizione e perdita di peso rischiano di aggravare la condizione del dissidente: il sospetto è che il regime russo voglia sottoporlo ad una morte lenta, non violenta, sotto gli occhi di tutti. Tuttavia, Navalny è ancora presso la colonia penale IK-2, ad appena 100 km da Mosca. Si riprenderà. Il peggio dovrà ancora arrivare.

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