Avanti piano, tra mille ostacoli, difficoltà e ricatti continui. Da una parte Israele vuole arrivare alla liberazione degli oltre 230 ostaggi nelle mani di Hamas. Dall`altra il gruppo terroristico apre, poi chiude, poi tentenna, consapevole del valore strategico di quegli uomini, donne e bambini, utilizzati come arma di ricatto. Nel mezzo le trattative e i tentativi di mediazione che dal 7 ottobre non si fermano, portati avanti dalla Santa Sede ma soprattutto da Turchia e Qatar. Con centinaia di famiglie che restano con il fiato sospeso e una rabbia che monta, anche contro il governo Netanyahu, accusato di star facendo troppo poco.
Hamas, dove aver annunciato di aver chiuso ogni trattativa per via dell`assedio dell`ospedale al-Shifa, ieri è tornata a parlare con un alto funzionario, Osama Hamndan, che ha escluso la possibilità di uno scambio parziale. «La nostra posizione sul dossier dei prigionieri è stata chiara fin dall`inizio, e si tratta di un completo scambio di prigionieri, non esistono colloqui in corso per un rilascio parziale», riferendosi a un possibile scambio con detenuti palestinesi in carcere in Israele e aggiungendo che i negoziati riguardo i prigionieri con passaporto straniero corrono in parallelo. Il ministro degli Esteri di Israele Eli Cohen ha invece detto che la questione ostaggi legittima Israele a continuare a combattere e tutto il mondo «accetta che Israele non si fermi fino a quando gli ostaggi non saranno liberati».
Le trattative, in ogni caso, vanno avanti. Ieri il ministro degli Esteri turco Hakan Fidan, ha avuto un colloquio telefonico con l`emiro del Qatar Tamim bin Hamad al Thani e con il ministro degli Esteri Sheikh Mohamed bin Abdurrahman. Turchia e Qatar, pur con posizioni differenti, sono in prima linea nell`opera di mediazione sia per lo scambio di prigionieri sia come garanti per una possibile trattativa post guerra. Ma è il Qatar, nonostante le sue contraddizioni, il soggetto considerato più credibile. Se è vero che Doha offre rifugio a uno dei leader di Hamas, Ismail Haniyeh, ed è anche il principale finanziatore del movimento, il Qatar ha comunque buoni rapporti diplomatici con i Paesi occidentali, in particolare con gli Stati Uniti. Non a caso, il segretario di Stato americano Anthony Blinken è stato di recente a Doha e ha ringraziato personalmente il Paese per il suo impegno.
La Turchia invece si è
di fatto chiamata fuori quando Erdogan ha alzato pesantemente i toni contro lo stato ebraico, attaccando personalmente il premier Netanyahu e arrivando a definire Hamas «combattenti per la liberazione» anziché terroristi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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