Nelle ultime settimane la Cina ha modificato la sua risposta alla prevenzione e al controllo del Covid-19. Dal prossimo 8 gennaio, il governo cinese tornerà a rilasciare passaporti e visti, e saranno allentate le politiche di ingresso nel Paese. Nel frattempo il Covid-19 è andato incontro ad un declassamento, passando da "malattia infettiva di classe A" a "classe B", mentre il nome cinese della malattia è cambiato da "nuova polmonite da coronavirus" a "nuova infezione da coronavirus". Ebbene, la decisione del Paese asiatico ha scatenato le critiche di una parte dei media occidentali, nonché di circoli politici e intellettuali. Critiche che, come vedremo, molto spesso non hanno alcun fondamento scientifico.
La preparazione della Cina
A differenza di quanto non si possa pensare, la Cina non ha abbandonato la Zero Covid Policy dall’oggi al domani, senza preparazione né tabelle di marcia. Eppure c’è addirittura chi ha accusato il governo cinese di non aver adottato misure progressive per prepararsi alla riapertura.
Il punto è che la preparazione può essere valutata solo dai risultati conseguiti sul campo. Nel caso del Covid-19, il riferimento è al numero di vite salvate. Chiedersi, allora, se la Cina è preparata ad una riapertura totale non è la domanda corretta da fare. Il quesito giusto, semmai, è: da quanto tempo la Cina si sta preparando alla riapertura? Risposta: da quando è scattata l’emergenza pandemica.
Sin dallo scoppio della pandemia, la Cina ha preparato i suoi cittadini ad affrontare il virus. La politica Zero Covid Policy, come ha sottolineato CGTN, è stata messa in atto per guadagnare tempo affinché il micidiale ceppo originale, e le successive varianti, diventassero meno letali. "E ora, una volta che il virus diventerà molto meno grave e mite, vogliamo allentare le nostre misure. Avremo sicuramente un aumento dei casi. Tuttavia, il tasso di mortalità e le infezioni gravi diminuiranno notevolmente rispetto al passato", ha affermato Li Guangxi esperto dello State Council’s Joint Prevention & Control Mechanism.
Una politica sanitaria dinamica
La Cina ha prima gettato le basi per arginare la minaccia provocata dal Covid-19, e poi aspettato il momento giusto per allentare le misure. Con il passare dei mesi il virus è mutato fino a diventare meno grave del ceppo originario. E non è un caso che Wu Zunyou, il capo epidemiologo del Centro cinese per il controllo e la prevenzione delle malattie, abbia sottolineato come la percentuale di casi gravi e pazienti in condizioni critiche sia scesa dal 16,47% del 2020 allo 0,18% di oggi.
L'ex direttore della politica economica e commerciale del sindaco di Londra, John Ross, ha fatto notare che nel caso in cui la Cina avesse applicato le politiche sanitarie anti Covid statunitensi, questo modus operandi avrebbe potuto causare la morte di 4,7 milioni di cinesi. Insomma, la Zero Covid Policy si è rivelata una politica sanitaria dinamica, capace di adattarsi ai vari contesti dell’emergenza. In questo modo, la Cina ha limitato i danni e salvaguardato milioni di vite umane.
Il futuro dell’economia cinese
Il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Mao Ning, ha parlato della situazione economica della Cina. "Attualmente, stiamo adattando le nostre misure di risposta al Covid-19 ai nuovi sviluppi dell'epidemia, in modo da coordinare meglio la risposta all'epidemia e lo sviluppo socioeconomico. Riteniamo che, con gli sforzi congiunti del popolo cinese e con la solidarietà, inaugureremo una nuova fase di sviluppo economico e sociale costante e ordinato", ha aggiunto Mao.
A proposito di economia, la revoca delle restrizioni cinesi non implica un immediato rimbalzo della crescita economica della Cina. Un aumento dei casi di infezione – per altro fisiologico - significa che ci vuole tempo prima che le persone possano tornare nei negozi e nei ristoranti. Gli ultimi dati hanno tuttavia già mostrato la ripresa del mercato dei consumi nel Paese. Dopo il cambiamento nella politica anti Covid, la presenza in alcuni cinema di Pechino è tornata al 75% del livello normale e i commensali hanno registrato oltre l'80% del traffico dei clienti, secondo quanto riferito dall'agenzia di stampa cinese Xinhua.
I consumi diventeranno presto una delle principali forze trainanti per la crescita economica cinese. Wu Chaoming, capo economista del Chasing International Economic Institute, ha affermato che la spesa per consumi pro capite dei residenti cinesi potrebbe passare dall'8% al 12% nel corso del nuovo anno. Sullo sfondo della depressione economica globale indotta dal virus, inoltre, il prodotto interno lordo della Cina è cresciuto a un tasso medio annuo del 4,6% dal terzo trimestre del 2019 al terzo trimestre del 2022, secondo l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico. Si tratta di un valore ben al di sopra della media mondiale.
Adesso che la Cina ha aggiunto un altro, fondamentale, tassello nella lotta contro il Covid, molti governi hanno imposto controlli ai viaggiatori cinesi in arrivo nei rispettivi Paesi. Il Regno Unito, in particolare, ha agito contro il parere delle proprie autorità sanitarie.
La decisione del primo ministro Rishi Sunak di imporre controlli Covid ai viaggiatori provenienti dalla Cina è stata descritta da alcuni esperti sanitari come una manovra puramente politica.in collaborazione con CMG Europe / CGTN
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