Il ritorno della stella e le ombre del nazismo. Nessuno può essere spettatore del baratro

Il 6 settembre del 1941 i nazisti imposero agli ebrei dai sei anni in su nei Paesi che avevano occupato, di cucirsi sul petto una stella gialla

Il ritorno della stella e le ombre del nazismo. Nessuno può essere spettatore del baratro
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Il 6 settembre del 1941 i nazisti imposero agli ebrei dai sei anni in su nei Paesi che avevano occupato, di cucirsi sul petto una stella gialla. Doveva subito isolarli, indicarli al pubblico ludibrio, doveva creare la strada diretta verso lo sterminio, aprire la porta alla strage di uomini donne e bambini. Ma i Paesi in cui la stella divenne il tragico distintivo degli ebrei furono a loro volta straziati, distrutti, riempiti di morti, crollando sulle ceneri dei suoi ebrei. Quando è apparsa la stella gialla, nessuno è stato solo spettatore della vertigine, del baratro che la sua imposizione ha segnato per il mondo. Ieri la sua immagine ha invaso non come ricordo storico ma come monito sul presente la hall dell'Onu; non c'è scritto però Yude, come imponevano i nazisti, ma «never again», mai più. Israele ne ripropone il monito.

ll nonno di Gilad Erdan, l'ambasciatore d'Israele all'Onu che ieri davanti al Consiglio di Sicurezza si è appuntato sul petto una stella gialla assieme al gruppo israeliano seduto dietro di lui, non fece nemmeno in tempo a subire quell'umiliazione. Umile agricoltore ebreo in Transilvania fu caricato su un camion dai tedeschi coi suoi otto bambini e sua moglie Bracha e portato al macello. Tutti quanti, fuorché il padre di Gilad, sono stati uccisi perché ebrei, giudei, juden, jehud, come si dice in arabo e come urlavano agli agricoltori di Be'eri e di tanti altre località il 7 di ottobre i terroristi di Hamas. È in onore delle le vittime della mattanza mai vista dalla Shoah in avanti e quindi per protestare contro la cecità folle dell'Onu e di un'opinione pubblica mondiale che rifiuta di condannare l'incredibile attacco del 7 di ottobre, che il rappresentante di Israele ha deciso di compire questo passo drammatico. Finché l'Onu non si deciderà a condannare Hamas, ha detto, vedrà gli israeliani indossare il distintivo che al tempo della Shoah faceva di loro bersagli di morte, e il mondo colpevole vittima della propria indifferenza.

Un gesto molto estremo, gli ebrei d'oggi amano la loro stella chiara sulla bandiera d'Israele, quella della riscossa, che segna sullo sfondo luminoso, fra due strisce di cielo, la forza di un popolo che ha afferrato finalmente nelle proprie mani la sua stella. La Shoah è un argomento sacro, la sua unicità e incomparabilità sono i fondamenti del pensiero ebraico e sionista. Non è un caso che il direttore di Yad va Shem, il museo della Shoah, Dani Dayan, ha rimproverato Erdan, si è detto dispiaciuto che abbia sfoderato la stella gialla che simbolizza la vulnerabilità del popolo ebraico; avrebbe voluto piuttosto vedere i rappresentanti d'Israele con la loro bandiera. Il gesto, certo, è stato una solenne presa di posizione, baldanzosa e fiera, di fronte a una situazione impossibile: è sembrato un altro incubo a Israele vedere António Guterres, segretario dell'Onu, evitare di condannare Hamas e attribuire responsabilità allo stato ebraico, mentre ancora si sgomberavano i corpi dei bambini uccisi, di figli e padri decapitati, delle donne violentate e torturate, dei vecchi fatti a pezzi, mentre Hamas trascinava via 390 ostaggi. Il prezzo morale che il mondo è apparso disposto a pagare alla cosiddetta «causa palestinese» è apparso, e ancora appare nelle ore in cui a tutte le latitudini si susseguono manifestazioni che urlano morte agli ebrei sventolando la bandiera palestinese, pari a quello pagato col silenzio del mondo sulla Shoah. In questo, funziona la comparazione.

Israele ieri ha dichiarato di nuovo che l'intenzione è quella di combattere fino in fondo Hamas fino a che non sarà sconfitto.

Ha ragione il presidente Isaac Herzog quando avverte il mondo che dietro l'attacco «più brutale visto dall'umanità nelle ultime generazioni» ce n'è uno immenso, che non riguarda solo gli ebrei. «Questa è una battaglia per tutte le democrazie occidentali. Se non ci fosse Israele, la prossima sarebbe l'Europa».

La stella gialla dello sterminio se non si combatte, è pronta per tutti.

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