Donald Trump alla sbarra. Di nuovo. Dopo l'incriminazione di New York e la sconfitta nella causa civile intentata da E. Jean Carroll, l'ex presidente Usa è stato incriminato nell'inchiesta sui documenti top secret sottratti al governo dopo la fine del suo mandato. E per la prima volta The Donald dovrà difendersi dalle accuse di aver commesso un crimine federale insieme a Walt Nauta, il "valletto" militare della Casa Bianca che ha confessato di aver maneggiato gli scatoloni dove il tycoon nascondeva i documenti classificati nella residenza di Mar-a-Lago, in Florida.
"L'obiettivo del complotto era che Trump potesse conservare i documenti che aveva portato con sé dalla Casa Bianca e per nasconderli al grand jury federale", si legge nell'atto d'accusa pubblicato poche ore fa.
38 capi d'accusa contro l'ex presidente
Con l'incriminazione di ieri, Trump è diventato il primo presidente degli Stati Uniti indagato per reati federali. I capi d'imputazione sono 38, tanti quanto il numero di carte segrete che l'ex capo della Casa Bianca avrebbe dovuto restituire al governo secondo quanto stabilito dalla legge Usa, e ai quali vanno aggiunti quello per intralcio alla giustizia e falsa testimonianza.
Il contenuto di questi documenti non è stato desecretato né pubblicato per ovvie ragioni, ma come anticipato nei mesi scorsi dalla stampa americana dentro di essi vi sarebbero rapporti dettagliati sulla difesa e le armi nucleari di Paesi stranieri, oltre a una mappa riguardante un'operazione militare segreta e a un controverso piano d'attacco preparato apposta per lui dal Pentagono. L'ex presidente repubblicano avrebbe mostrato tali dossier nell'estate del 2021 a Bedminster, in New Jersey.
L'impianto accusatorio contro Trump
"I documenti classificati che Trump conservava nelle sue scatole – scrive il procuratore speciale Jack Smith nell'atto d'accusa lungo 49 pagine – includevano informazioni riguardanti le capacità di difesa e di armamento degli Stati Uniti e dei Paesi stranieri, i programmi nucleari degli Stati Uniti, la potenziale vulnerabilità degli Stati Uniti e dei suoi alleati agli attacchi militari e i piani per eventuali ritorsioni in risposta a un attacco straniero".
"La divulgazione non autorizzata di questi documenti classificati – continua – potrebbe mettere a rischio la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, le relazioni con l'estero, la sicurezza delle forze armate e delle fonti umane degli Stati Uniti e la continuità dei metodi di raccolta di informazioni sensibili".
L'accusa, guidata da quasi un anno da Smith, è riuscita a ricostruire il metodo che l'ex presidente avrebbe consigliato ai suoi collaboratori per evitare ripercussioni legali. Questo metodo è stato definito "hide and destroy", in italiano "nascondere e distruggere", dalle parole che Trump avrebbe detto al suo assistente Walt Nauta prima e dopo il raid compiuto dall'Fbi in casa sua. Nauta avrebbe ricevuto istruzioni per spostare le carte top secret nei luoghi più disparati della lussuosa villa del tycoon, dalle sale da ballo al piatto doccia fino alle camere da letto.
"Oggi è stato reso pubblico un atto d'accusa che incrimina Donald J. Trump di aver violato le leggi sulla sicurezza nazionale e di aver partecipato a una cospirazione per ostacolare la giustizia. In questo Paese abbiamo una serie di leggi che valgono per tutti", ha dichiarato ai giornalisti il procuratore Smith nel primo pomeriggio americano.
Le reazioni all'incriminazione
Subito dopo la notizia dell'incriminazione, Jim Trusty e John Rowley, gli avvocati di Trump, hanno rassegnato le loro dimissioni. Il leader repubblicano sarà ora rappresentato dallo studio Todd Blanche Esq e da un altro di cui farà il nome nei prossimi giorni. "Devo affrontare la più grande caccia alla streghe di tutti i tempi", ha commentato. La data del processo non è ancora ufficiale, ma dovrebbe essere celebrato tra i 20 e i 60 giorni successivi all'incriminazione.
Gelida la reazione del presidente in carica Joe Biden, il quale ha dichiarato di non aver parlato con il procuratore generale Merrick Garland (che ha nominato Smith) e di essere venuto a conoscenza dell'incriminazione grazie ai giornali.
Una timida critica invece da parte dell'ex vicepresidente Mike Pence, candidato alle primarie del Partito Repubblicano, chiamato a testimoniare nell'inchiesta su Capitol Hill: "Mi preoccupa profondamente vedere che sono andati avanti con l'incriminazione, ma voglio essere chiaro: nessuno è al di sopra della legge", ha detto.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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