Da Hafez a Bashar. Dopo oltre mezzo secolo termina il clan degli Assad

La caduta del regime segna la fine della dinastia in Siria. Una famiglia rimasta al potere dal 1970

Da Hafez a Bashar. Dopo oltre mezzo secolo termina il clan degli Assad

Bashar Al Assad è fuggito dalla Siria. Finisce così, dopo 14 anni e nel peggior modo possibile, il suo governo su un Paese altamente strategico per gli equilibri del Medio Oriente. Non solo: l'improvvisa avanzata dei ribelli jihadisti ha interrotto la dinastia alawita degli Assad, al potere da oltre mezzo secolo su una nazione prevalentemente sunnita. Tutto iniziò nel 1970 con Hafez Al Assad, padre di Bashad, in carica per tre decenni. Salì al potere con un colpo di stato il 13 novembre 1970 segnando l'inizio di una "nuova era". Il successore sarebbe dovuto coincidere con Basil Al Assad, fratello maggiore di Bashad, deceduto però nel 1994 in un incidente d'auto a Damasco. Bashar fu così riportato a casa dal suo studio di oftalmologia a Londra, dove aveva anche studiato, sottoposto ad addestramento militare e promosso al grado di colonnello per stabilire le sue credenziali in modo che un giorno potesse governare. Fu così che, quando Hafez morì nel 2000, il parlamento siriano abbassò rapidamente il requisito di età presidenziale da 40 a 34 anni per consentire a Bashar di salire al potere. La dinastia degli Assad, oggi, si è ufficialmente interrotta.

Hafez Al Assad e l'inizio della "dinastia"

All'epoca della salita al potere di Hafez, la Siria era caratterizzata da instabilità politica con l'ombra, quasi perenne, dei colpi di stato a minacciare la sua storia post indipendenza. Hafez, membro della minoranza alawita, costruì la sua base di potere come comandante dell'Aeronautica militare siriana e ministro della Difesa. Quando prese il controllo, aveva coltivato una rete leale all'interno dell'esercito e del partito Ba'ath. La strategia di Hafez si basava sulla classica tattica del dividi et impera, sfruttando così le divisioni etniche, religiose e politiche del Paese. Lui sarebbe insomma presto diventato il perno in grado di tenere insieme uno Stato complesso. Il risultato fu, tuttavia, una debole struttura istituzionale che avrebbe lasciato al suo successore delle fondamenta fragili.

Per rafforzare il suo governo, Hafez elevò la minoranza alawita, tradizionalmente un gruppo emarginato, a posizioni di potere nell'esercito e nel governo. Allo stesso tempo, manipolò le linee di faglia settarie e tribali della Siria per neutralizzare potenziali minacce, assicurandosi che nessun singolo gruppo potesse sfidare la sua autorità. Dopo l'indipendenza della Siria nel 1946, infatti, la comunità alawita emerse come una forza significativa in due aree chiave: i movimenti politici e le forze armate. Questo cambiamento segnò un allontanamento dal loro status storicamente marginalizzato, visto che gli alawiti iniziarono ad affermare la propria influenza all'interno delle strutture di potere in evoluzione della Siria. La minoranza alawita, che rappresentava circa il 12-15% della popolazione siriana prima della guerra, è stata dunque la base di sostegno principale della famiglia Assad.

La morte di Basil e l'ascesa di Bashar

Hafez intendeva passare la sua eredità politica al figlio maggiore, Basil, che era stato preparato a dovere per la leadership. La morte prematura di quest'ultimo costrinse il leader a rivolgersi al suo secondo figlio, Bashar, un oculista relativamente inesperto. Quando Hafez morì nel 2000, Bashar assunse la presidenza, confermata in carica da un referendum che ottenne il 97% dei voti, un risultato più che prevedibile.

L'ascesa di Bashar fu inizialmente accolta con ottimismo. Molti siriani e osservatori stranieri speravano che avrebbe portato riforme e apertura a un sistema a lungo soffocato da un governo dal pugno di ferro. Tuttavia, quelle speranze si dissiparono rapidamente. Bashar ereditò non solo il sistema del padre, ma anche la cerchia ristretta del genitore, composta da leader rivoluzionari anziani che avevano controllato istituzioni statali chiave sin dagli anni '70.

I primi anni di Bashar al potere furono segnati dai tentativi di sostituire gli alleati del padre con i suoi confidenti, la maggior parte dei quali apparteneva all'élite urbana siriana. L'indebolimento delle istituzioni statali sotto Bashar coincise, insomma, con l'ingresso in regia di una ristretta cricca incentrata sulla sua famiglia. Personaggi come suo fratello Maher, sua sorella Bushra e il di lei marito Asef Shawkat svolsero ruoli chiave nell'apparato militare e di sicurezza del governo.

Le Primavere arabe e la caduta

Invece di un'apertura politica, Assad si dedicò alle riforme economiche. Damasco e altre città a lungo impantanate nella monotonia videro un fiorire di centri commerciali, nuovi ristoranti e beni di consumo. Il turismo crebbe a dismisura. In politica estera, invece, Assad Junior avrebbe mantenuto la linea stabilita da suo padre, basata sull'alleanza con l'Iran e una politica di insistenza sulla restituzione completa delle alture del Golan annesse da Israele (sebbene in pratica Assad non abbia mai affrontato militarmente Tel Aviv).

Tra il 2011 e il 2012, quando scoppiarono le proteste in Tunisia ed Egitto, rovesciando alla fine i loro governanti, Assad respinse la possibilità che accadesse lo stesso nel suo paese, insistendo sul fatto che il suo governo fosse più in sintonia con il suo popolo. Dopo che l'ondata della Primavera araba si spostò in Siria, le sue forze di sicurezza misero in atto una brutale repressione, mentre Assad negava di trovarsi di fronte a una rivolta popolare, dando invece la colpa ai "terroristi sostenuti dall'estero" che cercavano di destabilizzare il suo regime.

Quelle prime dimostrazioni, spinte ufficialmente da richieste di modeste riforme, si sarebbero trasformate in una vera e propria guerra civile, lasciando

centinaia di migliaia di morti e milioni di sfollati. Nel 2024, dopo un breve disgelo, una nuova ondata di violenza avrebbe riportato il conflitto al centro dell'attenzione globale. E decretato la fine della dinastia degli Assad.

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