Era arrivato al pronto soccorso del Regina Margherita di Torino in gravi condizioni di salute, per via delle botte subite dal patrigno marocchino: inutile il tentativo da parte di quest'ultimo e della mamma, piegata alla volontà di un uomo di cui era abituata a subire le violenze, di convincere i medici che il bimbo di 6 anni fosse semplicemente caduto dalle scale, dato che alla fine è emersa la sconcertante verità.
I due avevano cercato di organizzare al meglio la messinscena, promettendo al piccolo che se avesse sostenuto la loro versione dei fatti dinanzi ai medici avrebbe ricevuto in regalo ciò che più desiderava, dai giochi fino alle giostre: "Basta che quando ti chiedono cosa ti è successo dici 'sono caduto dalle scale'" gli aveva detto il magrebino, autore del pestaggio che lo aveva fatto finire in ospedale. Il suo piano, tuttavia, è saltato grazie all'acume del personale medico del Santa Margherita, che fin da subito aveva compreso che il bambino, pieno di lividi e con l'intestino spappolato, aveva subito indicibili violenze.
Ecco perché, dopo l'intervento chirurgico d'urgenza con cui i medici gli avevano salvato la vita asportando 30 centimetri di intestino, il bimbo era stato affidato alle cure di una psicologa dell'ambulatorio Bambi, specializzato proprio in casi di violenza su minori. Così è emersa tutta la verità sugli abusi subiti dal piccolo.
Per questo motivo, con rito abbreviato, il marocchino 26enne A.C. è stato condannato a 10 anni: per lui l'accusa di tentato omicidio. In aula è emersa tutta la brutalità dei maltrattamenti subiti a lungo dalla piccola vittima. Per il fatto di avere bevuto un sorso d'acqua senza permesso, tra il 12 e il 14 gennaio, il bambino era stato letteralmente massacrato di botte. "L'ho colpito diverse volte, poi lui è andato in camera sua", ha rivelato il magrebino, difeso dal legale Basilio Foti, come riportato da Repubblica. "Voleva di nuovo vomitare, non stava più in piedi. Gli avrò dato altri 5 o 6 colpi. Ho perso la pazienza perché pensavo lo facesse per dispetto", ha aggiunto.
Il resoconto fornito dalla psicologa ha tracciato un quadro inquietante, parlando di un bimbo "annichilito". "Emergeva il suo importante dolore ma anche il suo non lamentarsi mai, né dei tubi, né delle manovre dei sanitari", si legge nella perizia dell'esperta dell'ambulatorio. "È un bimbo molto spaventato che chiede sempre scusa nonostante il dolore e il pianto, non si lamenta, non tenta di allontanare ciò che gli crea dolore o frustrazione, nemmeno quando uno dei tubicini dell'ossigeno scivola dandogli noia, non dice nemmeno che ha fastidio": elementi che avevano spinto la psicologa a indagare più a fondo.
In data 25 gennaio, rimasta sola col bimbo, quest'ultima aveva tentato di andare oltre quella che sembrava essere una versione imposta da qualcuno o comunque concordata: "Sono caduto dalle scale", aveva detto la piccola vittima. L'esperta aveva provato ad aggirare la barriera leggendogli una fiaba. "Il bimbo si è incupito guardando dalla finestra, c'era una signora che fumava e lui ha detto 'Ha una pistola'", ricorda la donna, che aveva cercato subito di tranquillizzarlo: "A me sembra solo un cellulare". Una volta ripresa la lettura della storia, col bimbo che pareva attentissimo alle sue parole, era emersa "un’importante deprivazione psicofisica, con indicatori di disagio e maltrattamento".
Anche dai racconti delle maestre del bambino erano emersi evidenti problemi: oltre ai lividi emergeva un atteggiamento
remissivo, e negli ultimi tempi "si addormentava di continuo". Alla zia, invece, il bimbo aveva confidato: "Devo mangiare tanti spinaci, così diventerò più forte di lui e potrò dargli un pugno".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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