Le accuse sono pesanti e circostanziate: un dipendente dell’Ama, la società in house che gestisce per conto dell'ente Roma Capitale la raccolta, il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, l'espletamento dei servizi cimiteriali e la nettezza urbana nel territorio capitolino, avrebbe truffato l’azienda. Il lavoratore ha prodotto cinquantuno certificati medici per restare a casa che, dai riscontri dei giudici, risulterebbero falsi. In questo modo l’operaio continuava a percepire lo stipendio senza andare a lavorare.
L’indagine
Denunciato dall’Ama, il dipendente è finito nei guai quando i medici chiamati in causa dai magistrati hanno negato di aver firmato i certificati al lavoratore. I documenti erano compilati a penna e sottoscritti da sanitari diversi. Una dottoressa, come riporta il quotidiano Il Messaggero, ha anche spiegato nell’ospedale dove presta servizio viene utilizzato un sistema informatico per emettere i certificati del pronto soccorso. Quello presentato dal dipendente, invece, era un foglio bianco, scritto a mano.
Le patologie
L’imputato nei cinquantuno certificati medici si è sbizzarrito a indicare una serie di patologie invalidanti, malattie che lo costringevano a osservare riposo continuo. Questo modo di fare ha insospettito i vertici dell’azienda che ha presentato denuncia. Negli atti processuali si legge che l’accusa di truffa aggravata nei confronti del lavoratore deriva dal fatto che l’uomo ha agito “con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, con artifici e raggiri consistiti nel presentare presso il proprio datore di lavoro la falsa documentazione medica, attestando la propria impossibilità di recarsi al lavoro”.
Le patologie indicate, in realtà, non sarebbero mai esistite.
Il netturbino avrebbe approfittato dell’Ama, ingannandola, riuscendo perfino a mantenere inalterata la busta paga. In passato il dipendente era stato coinvolto in un’altra situazione simile. Accusato sempre di truffa nei confronti del datore di lavoro fu però assolto.
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