I punti chiave
Dopo la tragedia sono rimasti solo un profondo dolore e la rabbia per ciò che è accaduto. La mamma del neonato morto soffocato mentre allattava al seno all’ospedale Sandro Pertini di Roma è ritornata a casa, ma non si dà pace. Al Corriere della Sera, a la Repubblica e a Il Messaggero ha raccontato cosa è successo due settimane fa in quella stanza della struttura ospedaliera. La sua versione è drammatica, la donna ricorda a sprazzi quei momenti, ma vuole che venga fatta chiarezza sul decesso del bimbo. Non ha ancora denunciato l’episodio dato che l’indagine è scattata d’ufficio, ma è pronta a farlo qualora fosse necessario. “Ancora sto mettendo in ordine quello che ho passato in quei giorni – ha dichiarato – ero ancora molto stanca, piuttosto provata dal parto, dopo diciassette ore di travaglio, il 5 gennaio scorso”.
Il ruolo delle infermiere
La donna, che abita con la famiglia nella periferia di Roma, aveva scelto il Pertini perché in quell’ospedale c’era nata anche lei trent’anni fa, ma mai avrebbe immaginato il triste epilogo dopo il parto.“Per due notti – ha continuato a raccontare – quella dopo aver partorito e quella successiva, sono riuscita, a fatica, a tenere il bambino vicino a me. Ero stravolta, ho chiesto aiuto alle infermiere, chiedendo loro se potevano prenderlo almeno per un po’; mi è sempre stato tuttavia risposto che non era possibile portarlo nella nursery. E lo stesso è accaduto la notte di sabato. Anzi, mi sentivo peggio dei giorni precedenti”.
Il triste risveglio
Il bimbo stava bene, non c’era stato alcun problema durante il parto, e pesava più di tre chili. “Le infermiere – ha spiegato la donna – mi hanno dato alcune indicazioni su come mettermi sul letto per allattarlo, ma a parte la stanchezza avevo sempre una flebo attaccata al braccio. Mi muovevo con difficoltà. Poi quella notte sono crollata, non ce la facevo proprio. Da quel momento non ricordo più nulla”. La neo mamma è stata svegliata dalle infermiere nel cuore della notte e si è accorta di non avere più suo figlio tra le braccia. A quel punto è stata portata in una stanza adiacente la sua dove le è stato comunicato il decesso del bambino. “Non ricordo che fosse presente una psicologa – ha evidenziato la donna – e nemmeno che mi abbiano dato una spiegazione più approfondita. Di sicuro non mi hanno detto come era successo. A quel punto non ho capito più niente, mi è crollato tutto addosso. Forse sono anche svenuta”.
L’indagine
Intanto, la procura della Repubblica di Roma ha avviato un’indagine per omicidio colposo su richiesta dello stesso ospedale. Solamente l’autopsia potrà stabilire se il decesso del bimbo sia avvenuto in seguito a soffocamento. “Ci siamo affidati a due legali – ha rivelato la donna – Alessandro Palombi e Michela Tocci, che stanno decidendo se presentare o meno un esposto. Più leggo e più sto male, la mia vita è rovinata. Non sparate sentenze prima dei risultati delle indagini”. La procura ha disposto i consueti esami tossicologici sulla giovane mamma. “Sono negativi – ha concluso –.
Gli investigatori forse volevano capire se mi ero addormentata sotto l’effetto di un farmaco o se avevo assunto droghe. Adesso però voglio solo piangere mio figlio, lasciatemi un po’ in pace. Sono un’educatrice e aiuto gli altri. Adesso non sono in grado di aiutare nemmeno me stessa”.
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