Campi Flegrei, magma risalito di quattro chilometri: rischio eruzione

Un documento della Commissione grandi rischi mette in mostra tutte le criticità legate alla risalita del magma dei Campi Flegrei: ecco cosa può succedere

Campi Flegrei, magma risalito di quattro chilometri: rischio eruzione
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La situazione sui Campi Flegrei è tutt'altro che tranquilla: a discapito dell'ultimo periodo in cui la terra ha tremato di meno con l'unico evento di magnitudo 3.1 di novembre proprio due giorni fa, non è per nulla rassicurante un verbale in mano alla Commissione grandi rischi in posseso del Corriere del Mezzogiorno che ne ha pubblicato gli estratti più significativi dove si parla più volte del magma che sarebbe sempre più vicino alla superficie.

Cosa succede al magma

Sono sei le pagine del documento ma spiegano a capire la reale situazione che portò il ministro della Protezione civile, Nello Musumeci, a spiegare che ci fosse (inizialmente) la possibilità di passare all'allerta arancione da quella gialla che vige attualmente. L'attuale realtà parla di "nuove evidenze di possibile coinvolgimento del magma" che fa stare sull'attenti le autorità pronte a passare al livello di allerta successivo se i prossimi segnali non dovessero essere confortanti. "I processi in atto possono evolvere ulteriormente anche in tempi brevi se confrontati con quelli previsti dalla pianificazione di emergenza vulcanica", riporta il documento.

Il fenomeno del bradisismo

Sarebbe, quindi, il magma a essere direttamente coinvolto anche nel processo di bradisismo in atto nella Caldera dei Campi Flegrei, ossia il lento ma progressivo innalzamento del suolo: il magma sarebbe arrivato a 4 km di profondità da un serbatoio presente più in basso, intorno ai 7-8 km nell'arco temporale compreso tra il 2015 e il 2022. "La modellazione del campo deformativo dal 2015 necessita di un ulteriore contributo da parte di una sorgente magmatica a 7-8 km di profondità". Oltre a quella magmatica, la pressione sul terreno sarebbe esercitata anche da una seconda sorgente idrotermale che non ricopre un aspetto secondario, anzi.

L'analisi sui gas

La quasi certezza che il magna sia molto vicino è dato anche dalla tipologia di gas che fuoriesce: secondo il documento in possesso del quotidiano, "dal 2021 il sistema idrotermale si sta evolvendo verso condizioni (...) più magmatiche. Inoltre l’aumento di H2S (Idrogeno solforato) a partire dal 2019 non è attribuibile a una origine puramente idrotermale, richiedendo un contributo aggiuntivo di zolfo che, dalle analisi isotopiche finora svolte, è consistente con una origine magmatica". Insomma, se tre indizi fanno una prova qui ce ne sono a sufficienza per vedere che l'evoluzione sottoterra è tutt'altro che "serena".

Gli scenari previsti

Dei serbatoi di magma si era parlato poche settimane fa ma adesso si aggiungono nuove evidenze: le rocce nel sottosuolo potrebbero frantumarsi per la spinta dei fluidi del magma. Due studiosi stranieri spiegano che "il processo di fratturazione della crosta può subire una ulteriore accelerazione, fino al raggiungimento di condizioni critiche in un orizzonte temporale compreso tra alcuni mesi e pochi anni". Cosa potrebbe accadere è tutto da vedere e non si piò sapere a priori con esattezza ma gli scenari sono molto preoccupanti: da forti terremoti alla fuoriuscita del magna con vere e proprie eruzioni, ad esempio. Il monitoraggio è h24 ed è grazie alla fitta rete tecnologica che si possono, per ora, dormire sonni tranquilli.

Quel che rimane da fare, adesso, è l'approfondimento "in modo quantitativo" della possibile "risalita del magma soprattutto tra i 4 km di profondità e la superficie".

Sebbene il quadro, per la sua evidente complessità, non abbia soltanto una verità e quindi una "univoca interpretazione", c'è la sempre maggiore preoccupazione che "i processi in atto possano evolvere ulteriormente anche in tempi brevi se confrontati con quelli previsti dalla pianificazione di emergenza vulcanica".

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