Quei "serbatoi di magma": cosa succede sotto i Campi Flegrei

Simulazioni che risalgono al 2022 da ricercatori dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia mostrano alcuni serbatoi magmatici all'interno dei Campi Flegrei: ecco di cosa si tratta e quale può essere l'evoluzione nell'area

Quei "serbatoi di magma": cosa succede sotto i Campi Flegrei
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I punti chiave

La terra non trema da alcuni giorni ma questo non significa abbassare la guardia: la situazione sismica sui Campi Flegrei non registra scosse da una settimana ma è ancora presto per capire se si tratta di una pausa breve o più duratura. In ogni caso, gli esperti che si occupano da anni di monitorare l'area e quanto accade, soprattutto, nel sottosuolo, ipotizzano la presenza di "serbatoi" magmatici che avrebbero un ruolo determinante nel sollevamento progressivo del terreno.

Di cosa si tratta

La tesi non è condivisa all'unanimità da tutta la comunica scientifica ma si basa su studi che hanno effettuato alcuni vulcanologi esperti dell'Ingv (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia): nel dettaglio la ricerca è stata pubblicata nel febbraio 2022 dal titolo "Dinamica della camera magmatica nella caldera dei Campi Flegrei" e firmata dai vulcanologi Chiara Paola Montagna, Paolo Papale e Antonella Longo. Gli scienziati hanno messo in evidenza qual è la dinamica del rimescolamento magmatico all'interno Campi Flegrei sottolineando i quali ci sarebbero "magmi collocati a bassa profondità e la probabile presenza di più serbatoi con diversa profondità, dimensione e forma che possono essere collegati in determinate fasi durante l’evoluzione del sistema".

Nella loro ricerca, gli studiosi hanno scritto che "nel caso specifico dei Campi Flegrei, un abbondante componente di gas magmatico si riconosce nelle fumarole della Solfatara". A destare più curiosità e preoccupazione è l'eventuale presenza di questi serbaoi magmatici: la presenza di uno di questi è certificata e si trova a 8 km di profondità con una larghezza stimata in decine di chilometri. Ma non è il solo perché "lotti ricchi di fluidi, interpretati come magma parzialmente fuso, sono stati identificati" a profondità comprese tra uno e sei chilometri. "I serbatoi meno profondi contengono magmi con composizioni dalla trachite alla fonolite", spiegano i riceracatori al Corriere.

Quanto accade in profondità, per adesso, non desta preoccupazione eccessiva come più volte hanno affermato gli esperti. Le simulazioni hanno messo in evidenza una "convezione (trasporto) e mescolamento del magma nella camera magmatica superiore, oltre a domini di dicchi (corpi di lava di forma simile a fogli) di alimentazione". Come detto, tutta la struttura si troverebbe in condizioni di stabilità perché il magma in profondità e all'altezza dei serbatoi si "scambia" i flussi con quello più in superficie ma senza superare punti di criticità.

Nessun allarmismo, dunque, ma soltanto attenzione come ha specificato anche il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, il quale ha spiegato che vanno seguite "le indicazioni della commissione Grandi Rischi che ha confermato la zona gialla sottolineando che, visto che il fenomeno è in evoluzione, è opportuno rafforzare ancora di più il monitoraggio che è già presente e che eventualmente potrà anche verificarsi una evoluzione del fenomeno. Però questo è quello che noi già sapevamo".

Il primo cittadino del capoluogo partenopeo è intervenuto dopo le parole del ministro Musumeci che non ha escluso un eventuale passaggio all'allerta arancione e martedì chiarirà in Parlamento l'attuale situazione e l'evoluzione del bradisismo dei Campi Flegrei.

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