Le armi bianche e le coscienze sporche

Il fenomeno delle aggressioni con arma bianca è nuovo in Italia. I giovani sono caratterizzati dall'assenza del senso del limite

Le armi bianche e le coscienze sporche

Stimato Direttore Feltri,
ogni giorno sentiamo di ragazzini che accoltellano coetanei, se ne vanno a zonzo armati, entrano in classe con il coltello nello zaino, all'uscita da scuola, se litigano, non esitano ad estrarlo e ad utilizzarlo, come è accaduto mercoledì mattina in un liceo della provincia di Frosinone, dove un sedicenne ha colpito al polmone con una lama un coetaneo, ricoverato in gravi condizioni. E cito solo l'ultimo caso. Ma cosa diavolo sta succedendo? E quale sarebbe la soluzione? Qualche giorno fa anche il questore di Milano ha sollevato il problema accendendo un faro su un fenomeno che è in aumento. O lo arginiamo adesso o rischiamo di creare una specie di Far West.
Marco Brambilla

Caro Marco,
quello che tu citi, in effetti, non è che l'ultimo episodio che compone una lunga scia di sangue che ha inaugurato e sta segnando l'anno scolastico in corso. Il fenomeno è diffuso altrove in Europa, in Italia è pressoché nuovo, cioè non aveva mai assunto queste proporzioni, che adesso preoccupano a causa proprio della frequenza di questi avvenimenti e del fatto che sono coinvolti minori, sia come autori che come vittime di queste aggressioni con arma bianca. Sono lievitate tra il 2022 e il 2023 le lesioni dolose provocate da soggetti che non hanno ancora compiuto diciassette anni. Leggi pure «accoltellamenti». In particolare nel Settentrione. A Genova l'aumento è addirittura del 55 per cento, a Milano del 44 (dati del rapporto Criminalità minorile e gang giovanili del dipartimento di Pubblica sicurezza e della direzione centrale della polizia criminale).

Mi vengono in mente alcune considerazioni. In Italia facciamo la guerra alle armi da fuoco ma i delitti vengono messi a segno soprattutto ricorrendo a questo genere di arnesi contundenti, che non possono essere vietati, messi al bando, sottoposti ad una qualche preventiva autorizzazione per il loro possesso e che sono facilmente reperibili ovunque, dalla cucina di qualsiasi abitazione al supermercato. E questo pone un gigantesco problema relativo al controllo sulla detenzione e dunque sull'utilizzo. Dovremmo passare i ragazzi al metal detector quando entrano a scuola o quando escono di casa o magari perquisirli a tappeto? Sarebbe impossibile. Scartiamo tali ipotesi fantasiose. Sarebbe opportuno agire sul piano educativo. È la lacuna educativa a determinare tale problematica. Un certo grado di irresponsabilità è appannaggio degli adolescenti, dai quali non si può pretendere che dispongano della maturità degli adulti e che siano sempre pienamente consapevoli degli effetti delle loro azioni. Tuttavia i minori di oggi sono caratterizzati dalla totale assenza del senso del limite. Perché? Non gli è stato trasmesso e mostrato. Tutto gli è permesso. Tutto gli è consentito.

Ecco cosa intendo per carenza formativa. Sono colpevoli di tutto ciò i genitori, in primis, e soltanto dopo la scuola. Gli insegnanti, inoltre, pure i più solerti, possono fare ben poco, dato che, se intervengono in maniera un pochino più severa, rischiano, come spesso accade, di essere a loro volta vittime dei genitori che non accettano che un estraneo, in questo caso il docente, possa permettersi di dare una regola o porre un paletto che essi stessi si rifiutano o hanno rinunciato a dare e a porre. Vedono tale intervento alla stregua di un sopruso e di un affronto personale, da qui la violenza che si scatena contro il professore, colpevole di avere tentato di colmare quella lacuna educativa, quella miseria morale, frutto di pigrizia, lassismo, morbidezza. Genitori deboli fanno figli deboli. Così deboli che sentono l'esigenza di chiudere alle loro spalle la porta di casa non senza prima essere passati dalla cucina non per prendere la merenda da mettere nello zaino e da consumare sbriciolata nei minuti di ricreazione, bensì per scegliere il coltello da infilare nel taschino. Arma che servirà per sentirsi forti, per intimidire, per aggredire, per difendersi. Un tentativo, per quanto estremo e tragico, di sopperire a quella medesima carenza di cui parlo, che è anche assenza di autorità, assenza di solidità, assenza di genitori forti, in grado di essere autorevoli, non dico autoritari e violenti, ma semplicemente rigidi all'occorrenza.

E quando ascolto i deliri di questi personaggi di sinistra che vorrebbero eliminare il carcere per i minori, in quanto sarebbe una crudeltà, condannando così i giovanissimi a permanere in questa deriva e a non comprendere mai che esiste una legge di causa-effetto che regola la società, per cui si è chiamati a rispondere dei propri comportamenti, mi rendo conto che rischiamo che questo lassismo si incancrenisca, che la nostra incapacità di educare divenga cronica, un tratto culturale, un costume

imperante. Allora sì, caro Marco, che sarebbe la giungla.

Dove dovremmo mandare un ragazzo che si macchia di omicidio? Forse in vacanza alle Hawaii? E chi ne picchia un altro? A Disneyland? Ah no, al Parlamento europeo, giusto.

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