I punti chiave
Dal 10 giugno 2023 Mia Kataleya Chicllo Alvarez, 5 anni, di origine peruviana, è andata a ingrossare le tristemente note file dei bambini scomparsi in Italia. I dati del Ministero dell'Interno parlano chiaro: nel 2022 è stata denunciata la scomparsa di 17.130 minori, tra cui 13.002 stranieri spesso fuggiti da centri d'accoglienza. Ma nessun bambino o bambina è un numero. Non lo è per i genitori e per i parenti, non lo è per coloro che, analogamente stanno soffrendo per questa ragione, non lo è per la gente comune che si immedesima empaticamente in quel dolore.
La procura di Firenze, raggiunta da ilGiornale.it, rimanda alle parole del procuratore aggiunto Luca Tescaroli che, nei giorni scorsi, ha rilasciato un'intervista in esclusiva al Tg1. "Rivolgo un appello di responsabilità a tutti, chiedendo ai familiari il più stretto riserbo e un impegno da parte della collettività, invitando coloro che sanno a riferire esclusivamente a quest'ufficio nell'interesse prioritario della piccola bimba scomparsa", aveva detto il pm.
La scomparsa di Kataleya
La madre di Kataleya, Katherine Alvarez, effettua un servizio di pulizie in un supermercato. Fino a quel 10 giugno, quando gli impegni di lavoro la portavano fuori casa, lasciava la bimba in custodia al fratello Abel (detto Dominic), con cui vivevano all'interno dell'ex hotel Astor nel quartiere Novoli di Firenze, dopo che la struttura era stata occupata abusivamente mesi prima. Il padre Miguel Angel Romero Chiccllo era in carcere. A poche ore dalla scomparsa, il padre avrebbe tentato il suicidio in carcere ingerendo candeggina, successivamente anche la madre avrebbe fatto lo stesso.
Nel pomeriggio di quel giorno drammatico, la donna rientrò senza trovare Kata. Sulle prime avrebbe provato a cercarla con le sue sole forze, per poi denunciarne la scomparsa dopo pochissime ore alle forze dell'ordine. L'ultima volta in cui la piccola è stata vista indossava una maglietta bianca e un paio di pantaloni lilla: mentre giocava con altri bambini, ci avrebbe litigato e sarebbe rientrata, ma in realtà da quel momento non si sono avute più sue notizie.
Dopo la scomparsa, le forze dell'ordine si sono messe all'opera per le ricerche, a partire dall'hotel Astor, dapprima con gli occupanti ancora all'interno e poi anche dopo lo sgombero a una settimana dalla scomparsa. I carabinieri si sono avvalsi anche delle unità cinofile per la ricerca e non è stato tralasciato neppure l'hinterland, fino al fiume Mugnone. Per proprio conto, anche la comunità peruviana a Firenze ha provato a dare una mano con le ricerche.
Nell'immediatezza della denuncia di scomparsa è giunta una segnalazione secondo cui Kataleya sarebbe stata vista allontanarsi con abiti diversi, su un tram in compagnia di una coppia di adulti, e un'amica della madre avrebbe ricevuto una telefonata da parte dei presunti rapitori. La comunità peruviana inoltre ogni sera organizza una manifestazione di sensibilizzazione, alla quale partecipano naturalmente le persone vicine a Kata, compreso il suo papà che dal 13 giugno è stato rilasciato dal carcere con obbligo di firma.
"Considerato che sembra esserci ancora un po' di omertà attorno a questa vicenda, chiedo a chi è in possesso di qualche informazione utile alle indagini di parlare", dice a ilGiornale.it Sharon Matteoni, la legale della mamma di Kata. Poi aggiunge: "Inviterei le istituzioni e l'opinione pubblica a mostrare maggiore vicinanza ai genitori della bimba. Vengono criticati addirittura per come si vestono o piangono. Mettiamoci nei loro panni, sono due genitori che da un mese non hanno più notizie della loro figlia. Per loro non è facile e purtroppo non possono fare altro che aspettare".
L'ex hotel Astor
L'ingresso dell'hotel Astor a Firenze è su via Maragliano. Ma resta ben poco delle sue 3 stelle sull'insegna, dei suoi arredi semplici ma raffinati in legno. Dopo l'occupazione da parte degli abusivi a settembre 2022, l'albergo chiuso durante la pandemia di Covid-19 - come accaduto a diverse strutture ricettive in Italia e nel mondo - è completamente differente da come chi lo ha vissuto lo ricorda. Sui primissimi volantini di ricerca diffusi dalla famiglia però la via di scomparsa indicata era in realtà via Monteverdi (o meglio Monteverde, con un refuso), su cui effettivamente ricade l'albergo ma non il suo ingresso principale.
Fino al suo sgombero e in base a quello che è emerso dopo la scomparsa di Kataleya, l'Astor è stato, metaforicamente parlando, una polveriera sociale. Pare che dopo che si è diffusa la voce della possibilità di occupare lo stabile da parte di famiglie straniere in cerca di una casa, qualcuno avrebbe iniziato a speculare, dando vita a un vero e proprio racket delle stanze: in altre parole le famiglie erano obbligate ad "affittare" o "comprare" abusivamente gli spazi dell'ex albergo da un gruppo criminale non ancora individuato.
Non solo: i litigi sarebbero stati all'ordine del giorno. È stato diffuso un video in cui una donna incinta viene protetta dal marito con un coltello, mentre fuori dalla loro stanza occupata qualcuno avrebbe cercato di entrare per buttarli fuori. All'interno una voce di bambino urla: "Basta, basta". La famiglia di quel video, durante due interviste rilasciate a "Chi l'ha visto?", ha addossato la presunta responsabilità del racket ad Abel, zio di Kata, e a un certo Carlos. Il nome di Abel era stato fatto anche nell'immediatezza della scomparsa della bimba, in relazione alla vicenda di un uomo ecuadoregno che, nei mesi precedenti, si era gettato dal quarto piano, si dice a causa di minacce di morte. Successivamente, però, era stato smentito questo legame.
Le piste del caso
Naturalmente gli inquirenti stanno battendo tutte le piste possibili, tuttavia quella del racket sembra essere quella preponderante al momento: ci si chiede infatti se Kataleya sia stata rapita per ricattare la sua famiglia. I genitori vengono interpellati dalle forze dell'ordine capillarmente, al fine di capire se ci sono piste tralasciate o dettagli che finora erano sfuggiti, così come stanno venendo analizzate tutte le videocamere di sorveglianza della città, spesso dotate di un software per il riconoscimento facciale (ma che non può essere utilizzato a causa della legge sulla privacy).
"La vita in diretta" in queste settimane ha ventilato che un parente sarebbe stato attenzionato dagli inquirenti, ma la notizia non è stata confermata. Un altro filone ha portato a prelevare il Dna a 150 residenti abusivi dell'hotel occupato.
La trasmissione Quarto Grado invece, nelle scorse settimane, ha mostrato un video interessante: sebbene non si veda nulla di particolare, la telecamera di videosorveglianza di una tabaccheria cattura quello che sembra il grido di una bambina e il rumore dello sportello di un'auto che viene chiuso. Il tutto a pochissimo tempo dalla scomparsa di Kata.
"Purtroppo le indagini non hanno ancora imboccato una strada precisa. E questo, a dire il vero, un po' mi preoccupa", spiega alla nostra redazione l'avvocato Filippo Zanasi, avvocato del padre di Kata. "Non intendo dire che abbiamo perso le speranze, ma mi aspettavo che ci fosse un piccolo spiraglio di luce a distanza di un mese dall'inizio delle indagini - continua il legale - Ho la sensazione che vi sia ancora qualche aspetto da approfondire, qualcosa che sfugge.
L'ipotesi più plausibile resta quella della 'pista interna' all'ex hotel, però è difficile credere che vi sia ancora tanta omertà". Al riguardo l'avvocato conclude: "Riprendendo le parole della mia collega, voglio ricordare che non si tratta di una 'bimba scomparsa', Kata è stata rapita. Ed è per questo che chiediamo a chi sa qualcosa di parlare".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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