Gli inquietanti omicidi del quartiere Prati a Roma aprono a moltissimi interrogativi. Il primo dei quali è: chi erano le donne uccise? Si conosce ancora solo l’identità di una di loro, Marta Castano, 65 anni originaria della Colombia, mentre le altre due donne, di origine cinese, non avevano con loro i documenti.
Quel che è certo è che c’è un assassino a piede libero, un assassino che potrebbe essere lo stesso per tutte e tre le donne, che sono state colpite con armi da taglio: le prime due uccise vivevano in un palazzo di via Augusto Riboty, mentre Marta è stata ritrovata in un seminterrato di via Durazzo.
È molto probabile che i primi due omicidi siano avvenuti tra le 10.30 e le 11. Un giornalista ha infatti rivelato ad Adnkronos che era nello stabile: “Lo so per certo perché mi hanno portato la cucina e ho salito le scale a piedi fino al nono piano, dove si trova l'appartamento in cui mi sto trasferendo. Non ho preso l'ascensore perché era occupato, sono quindi anche passato davanti all'abitazione delle due vittime ed era tutto tranquillo alle 10.30. Alle 11, mentre ero in casa, mi ha chiamato il portiere per dirmi che c'era stato un omicidio e non potevo uscire perché una delle vittime era sul pianerottolo. Ci sono rimasto 3 ore e mezza, quando poi la polizia mi ha fatto andare in questura a testimoniare”.
“Si può pensare a un’unica mano assassina ma senza per forza aprire all’idea di un serial killer”, è il commento di Fabrizio Carcano a IlGiornale.it. Lo scrittore e giornalista, autore tra gli altri dei romanzi “Gli angeli di Lucifero”, “Il Mostro di Milano” e “I delitti dello Zodiaco”, prova a delineare uno scenario possibile.
Dottor Carcano, cosa ne pensa dei tre omicidi accaduti a Roma Prati?
“Siamo nelle prime ore del delitto per cui abbiamo solo informazioni sommarie. Abbiamo però alcune modalità omicidiarie inquietanti che vanno considerate: sembra che sia stata utilizzata un’arma bianca simile nei tre delitti, le tre donne hanno una forbice di età simile, sono donne adulte, mature, e abitavano nello stesso quartiere. Inoltre pare che le tre donne fossero prostitute, per cui un particolare ulteriore ad accomunarle. Si può pensare a un’unica mano assassina ma senza per forza aprire all’idea di un serial killer. Determinante sarà capire se tra le vittime ci fosse una conoscenza comune o una frequentazione. Se così fosse andranno scandagliate le loro amicizie e i loro contatti”.
I vicini parlano di Marta, la colombiana uccisa, come di una donna tranquilla e affabile. Cosa può essere scattato nella mente dell’assassino?
“Mi ricollego alla risposta precedente: occorre verificare se ci fossero rapporti tra le tre vittime. Questo è un passaggio decisivo. Sembrano delitti di impeto, non pianificati, anzi decisamente improvvisati considerando che una vittima era sulle scale per cui presumibilmente l’assassino è fuggito senza poter riportare il cadavere all’interno e ritardarne la scoperta. E sembrano delitti a sfondo sessuale, difficile ipotizzare un movente se non appunto quello sessuale. Sarà fondamentale verificare se ci sono stati altri casi di prostitute uccise nei loro appartamenti negli ultimi 2-3 anni a Roma, perché potrebbe essere un assassino che da tempo non colpisce, ma che lo aveva fatto in passato".
Perché, a suo avviso, le prostitute sono spesso bersaglio dei killer?
“Purtroppo da secoli le prostitute sono oggetto di violenze da parte dei clienti, la stessa favola di Cappuccetto Rosso trae spunto dalla cronaca dei secoli medievali quando le prostitute sostavano fuori dai villaggi in attesa dei viandanti o delle carovane e vestivano mantelli rossi per essere visibili da lontano e consumavano i loro rapporti mercenari nei boschi. I lupi che le sbranavano erano quasi sempre i clienti che le pugnalavano per discussioni sul prezzo della prestazione, per rapina o per dissidi legati alla prestazione sessuale. Per cui purtroppo nulla di nuovo”.
In base a quello che si conosce al momento, possiamo capire se è stata la stessa mano a ucciderla, come pensa la polizia?
“Dalle prime indiscrezioni tutto farebbe pensare a un’unica mano assassina, forse un conoscente comune delle vittime, forse un cliente o un protettore se venisse confermato che le tre donne esercitavano il mestiere più antico del mondo. Andrei cauto per ora sull’ipotesi di un assassino seriale per una ragione semplice: i seriali in genere lasciano trascorrere un lasso di tempo prima di colpire, tra un delitto e l’altro, quel lasso temporale serve per far smaltire l’adrenalina o l’appagamento per l’azione omicidiaria compiuta, un po’ come quei serpenti che dopo aver divorato una preda sono innocui per giorni o settimane finché non la smaltiscono e tornano ad avere fame e ad attaccare”.
Quasi 60 anni fa Roma fu sconvolta da un omicidio simile: in un quartiere tranquillo, un “quartiere bene” fu uccisa una donna, Christa Wanninger, con una dinamica simile. È una storia che si ripete?
“No. Il delitto di Christa era famoso per essere il delitto di via Veneto, allora negli anni ‘60 il cuore della bella vita romana. Un delitto che aveva costretto gli inquirenti dell’epoca a scavare negli ambienti facoltosi della Roma Bene. Qui il contesto mi sembra diverso. E la distanza temporale così ravvicinata tra i tre omicidi fa pensare a un raptus”.
Ha mai raccontato una storia simile in un suo libro?
“Nel 2017 ho scritto un libro basato su una storia di cronaca mai appurata: almeno 11 donne uccise a Milano tra il 1969 e il 1975, tutte con grandinate di coltellate. Di queste otto erano prostitute.
Si parlava di un unico assassino: così ho messo nero su bianco la storia del ‘Mostro di Milano’, una storia su cui oggi alcuni parenti delle vittime a distanza di mezzo secolo hanno chiesto una riapertura delle indagini e su cui sta lavorando anche un noto criminologo forense”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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