Il convento, il richiedente asilo, il Mostro. La storia di Cristina “nella terra degli scomparsi”

È scomparsa dal 1992 Cristina Golinucci, ma il suo è un caso ancora aperto. Potrebbe essere cruciale rintracciare un richiedente asilo che confessò il delitto ma poi ritrattò

Il convento, il richiedente asilo, il Mostro. La storia di Cristina “nella terra degli scomparsi”

Da alcuni decenni è nella “terra degli scomparsi”, secondo l’espressione usata spesso da Federica Sciarelli a “Chi l’ha visto?”. È Cristina Golinucci, che la famiglia continua a cercare dal 1992: è da allora che la giovane risulta svanita nel nulla. Ma non può esserlo: l’ipotesi più plausibile è che qualcuno le abbia fatto del male. E, come accade in tutti i casi irrisolti, si cercano risposte, si cerca giustizia.

In prima linea in tal senso c’è la mamma di Cristina Golinucci, Marisa Degli Angeli, nominata nel 2024 dall’Ansa “personaggio dell’anno”. “Marisa Degli Angeli non si è mai arresa. Ciò che di lei mi ha sempre sorpresa e mi sorprende ogni giorno è che non si perde mai d’animo. Lei chiede certezze, verità. Quando il caso è stato riaperto (nel 2022, ndr) abbiamo avuto degli inquirenti assolutamente sensibili e bravi, che hanno fatto tantissimo. E questi anni per Marisa sono stati delle montagne russe, in cui ha scoperto molte cose”, racconta a IlGiornale la legale Barbara Iannuccelli dell’associazione Penelope, che segue mamma Marisa.

La scomparsa

"Cristina Golinucci era una giovane ragazza - prosegue Iannuccelli - allevata in una famiglia dai principi solidi e saldi. La famiglia immaginava per Cristina e la sorella un futuro roseo, tanto che i genitori le comprarono una Fiat 500 per renderla autonoma e indipendente. Entrambe, Cristina e la sorella, avevano completato gli studi e Cristina si stava adoperando per un lavoro, tanto che, sul cruscotto dell’auto che poi verrà ritrovata nel parcheggio del convento, c’era una copia del contratto che avrebbe dovuto firmare per iniziare a lavorare il giorno successivo alla scomparsa. Dico sempre che sarebbe bastato aprire lo sportello dell’auto per capire subito che non poteva trattarsi di un allontanamento volontario: quel pezzo di carta proiettava Cristina in un progetto futuro”.

È l’1 settembre 1992, Cristina Golinucci è una giovane di Cesena molto devota, che presta opera di volontariato. Nel pomeriggio si reca al locale convento dei cappuccini, dove ha appuntamento con il suo padre spirituale, fra’ Lino Ruscelli. Tuttavia non lo incontra mai, pur essendo giunta al luogo dell’appuntamento - si deduce - dato che la sua auto, una Fiat 500, è ferma nel parcheggio antistante il convento.

“Cristina non era né bigotta né estremista: frequentava l’ambiente religioso condividendone la socialità. In quel convento il sabato c’erano spesso momenti ludici: ci si vedeva per una pizza, si chiacchierava, magari dopo si andava a ballare. Cristina era una ragazza comune, sebbene molto impegnata nel volontariato. Nei suoi diari ci sono le scritte lasciate dalle ragazzine che seguiva nei campi scuola, per loro Cristina era un punto di riferimento, sempre disponibile all’ascolto e simpatica”.

Le forze dell’ordine non accettano subito la denuncia di scomparsa, ma solo due settimane più tardi: credono sia un colpo di testa della ragazza. Ma la famiglia sa che non può essere così. Non solo: deve affrontare quintali di fango sulla parente scomparsa, che qualcuno dice essere andata a fare la bella vita al casinò di Saint Vincent o che sia fuggita con padre Álvaro, che all’epoca esercitava in un paese limitrofo - ma in realtà, partito in missione, il religioso viene a sapere della scomparsa solo al suo ritorno. C’è chi dice anche che Cristina sia volontariamente in un convento, ma se così fosse perché non avvisare la famiglia?

Le ricerche

Molti paragonano la vicenda al caso Claps. “La famiglia Claps e Marisa Degli Angeli condividono una grande amicizia. Tanto che nel 2002, quando Gildo Claps fondò l’associazione Penelope in Basilicata, Marisa ne raccolse il testimone in Emilia Romagna. Il corpo di Elisa Claps viene trovato a 17 anni dalla scomparsa nel sottotetto di una chiesa: il primo elemento in comune con Cristina è la conoscenza tra le due famiglie, ma il secondo è che le due giovani vivevano realtà simili. Elisa è scomparsa davanti al duomo di Potenza, Cristina davanti al convento di Cesena. Inoltre in entrambi i casi - e questa è una similitudine piuttosto allarmante - si è voluto a tutti i costi allontanare questi due eventi misteriosi dalla realtà istituzionale ed ecclesiastica, perfino dal luogo fisico, mettendo in atto una serie di azioni depistanti, per allontanare al tempo stesso ogni forma di responsabilità”.

Marisa Degli Angeli, come detto, vuole verità: chiede che si cerchi la figlia anche nel convento, sotto il quale ci sono grotte, cunicoli e cisterne, oltre una porta murata, che nel 1992 non c’era. Si scava al convento, la prima volta nel 2010 e l’ultima nell’estate 2024, anche grazie alla testimonianza di un operaio che nel 1997 suggerì di cercare il corpo della giovane nella cisterna. “Il convento è un dedalo di stanze sotterranee. Nel 1992 la collina sul quale esso sorge era un colabrodo, perché si stava rifacendo l’impianto per portare l’acqua alla cisterna del convento: la struttura era quindi attinta da una serie di scavi molto profondi per interrare le tubature dell’acqua verso il centro di Cesena, per cui occultare un corpo non avrebbe destato sospetti”.

I frati non ci stanno, e padre Lino scrive a Marisa: “Lei è proprio convinta che il suo modo di cercare Cristina sia il migliore? Accusando il convento e tutti i frati che c’erano dentro con accuse e insinuazioni senza fondamento?”. La risposta non si fa attendere: “È facile parlare per chi non è nel dolore”. Chi ha un famigliare nella “terra degli scomparsi” non può lasciare nulla di intentato. “Quando nel 2010 gli inquirenti effettuarono l’ispezione nelle cisterne e dentro il convento con i georadar, trovarono delle ossa, che furono messe su una barella. Il medico legale dell’epoca, senza fare alcun tipo di analisi, neppure del Dna, disse che le ossa non appartenevano a Cristina perché troppo vecchie. Erano passati 18 anni dalla scomparsa, anche le ossa di Cristina sarebbero state vecchie”.

Il richiedente asilo

Ci sono tanti punti oscuri nel caso di Cristina Golinucci, a partire dal fatto che solo due anni dopo la scomparsa Marisa Degli Angeli è venuta a sapere che nel convento non erano ospitati solo frati, ma anche richiedenti asilo. Tra loro Emanuel Boke, successivamente condannato per lo stupro di due donne, una delle quali riuscì a sfuggirgli iniziando a pregare e promettendogli che lo avrebbe sposato.

Nel 1994, mentre Boke è in carcere, padre Lino va a trovarlo: “Subito mi volli levare l’atroce dubbio”. Durante quell’incontro il richiedente asilo avrebbe pronunciato queste parole “Sì, sono stato io, sono stato una bestia, un assassino”. Per poi ritrattare due giorni più tardi: tuttavia quelle parole, rivelate ai carabinieri dal religioso (e quindi in una testimonianza de relato), non sono mai state prese in considerazione, non solo perché il frate era protetto dal segreto confessionale, ma anche perché le indagini all’epoca erano state aperte per sequestro di persona.

“L’iniziale trascrizione del secondo colloquio tra Boke e padre Lino non corrisponderebbe all’intercettazione. Secondo la trascrizione il religioso direbbe: ‘Non mi sembri convinto’. Mentre dalla nostra perizia risulta: ‘Non eri mica in convento’, e questo farebbe crollare l’alibi trentennale di Boke. Padre Lino si spinge ancora più in là in quel colloquio, dicendo a Boke, condannato per violenza sessuale: ‘Io ti prenderei anche adesso a lavorare con me’. Questa frase esprime tutta la negazione dell’evidente capacità criminologica di Boke”.

Dopo il carcere, a Boke fu dato il foglio di via e se ne persero le tracce: si sa che nel 2017 fosse, registrato con altre generalità, in prigione in Francia dopo aver violentato una donna a Marsiglia, e che si possiedono in una banca dati internazionale il suo Dna e le impronte digitali. “Le testimonianze delle violenze sessuali raccontate da queste ragazze sopravvissute a Boke sono terribili e individuano una persona che, mentre violenta, tiene per il collo le vittime e cinge anche il loro collo con una cintura di cuoio sotto minaccia: se ti muovi o urli io ti ammazzo. Una personalità violenta ben diversa da un altro sospettato vicino ad ambienti religiosi, accusato di essere un molestatore, che tuttavia, alla reazione delle donne molestate, si dileguava. Per questo noi riteniamo che quest’ultimo non sia l’assassino di Cristina”.

Si pensa che l’uomo sia ancora in Francia, dove ha parenti, e per lui Iannuccelli sta chiedendo un ordine di indagine europeo, al fine di ottenere una sua versione sulla scomparsa di Cristina Golinucci, dato che “mai nessuno è andato lì a chiederla neppure come persona informata sui fatti”, a differenza di un ragazzo albanese, più volte interrogato, che condivideva la stanza proprio con Boke. “Una delle ragioni per cui si tentò di allontanare l’associazione tra la scomparsa di Cristina è il convento è perché il convento si sentiva in qualche modo responsabile, avendo iniziato un progetto di accoglienza di extracomunitari, tra cui Emanuel Boke”.

L’uomo con la chierica

Le testimonianze nel tempo sono state tante. Tra quelle di particolare interesse ciò che una donna disse alla sua parrucchiera: sarebbe stata nei pressi del convento, per accompagnare la figlia a fare jogging, il giorno della scomparsa di Cristina e l’avrebbe vista dalle scale del parcheggio. Cristina sembrava avere una discussione animata con un uomo più grande, con la “chierica”.

In effetti oltre a Boke si è indagato su un infermiere con problemi psichiatrici - che però ha smentito di conoscere la giovane - e con un esponente del mondo del volontariato che era stato accusato da due donne per molestie, a seguito di atteggiamenti morbosi, ma, come accennato, non per uno stupro. Di queste due ragazze una non aveva denunciato per paura di ritorsioni, l’altra si sarebbe rivolta al parroco che le avrebbe ripetuto di non essere credibile, almeno stando alle indiscrezioni riportate a mamma Marisa.

L’altra ragazza

C’è un’altra ragazza scomparsa sempre nel 1992, ma l’epilogo della sua vicenda è diverso da quella di Cristina Golinucci. Si tratta di Chiara Bolognesi, coetanea di Cristina, scomparsa il 7 ottobre 1992 e ritrovata morta nel fiume Savio il 31 ottobre successivo: il suo caso fu archiviato come suicidio, perché il corpo aveva ancora addosso il reggiseno e si ritenne non ci fosse stata violenza, sebbene la sua psicologa respinse la possibilità di un atto autolesionistico.

Chiara e Cristina non si conoscevano, ma avevano tanto in comune: frequentavano la stessa chiesa ed erano andate alla stessa scuola, facevano parte entrambe dell’Associazione Volontari Ospedalieri. Un sacerdote, don Ettore, ricevette una telefonata anonima in cui venne rivelato che il corpo di Chiara era nel Savio, quello di Cristina invece nel Tevere, “vicino alla chiesa dove ci sono due frati di Cesena”. Il possibile legame tra le due scomparse, oltre ad alcune altre sul territorio, ha spinto a ipotizzare l’esistenza di un Mostro di Cesena.

“C’è la possibilità dell’esistenza di un Mostro di Cesena - conclude Iannuccelli - Cristina e Chiara scompaiono a un mese di distanza, e la correlazione viene individuata

immediatamente dalla stampa. Il fiume Savio scorre alle pendici della collina dove c’è il convento. Quando abbiamo fatto istanza di riapertura delle indagini per Cristina Golinucci abbiamo messo insieme le circostanze dei due casi”.

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