Dall'omicidio di Pescara a quello di Firenze: "Vi spiego cosa c'è dietro l'ondata di violenza"

Il giovane Thomas Christopher Luciani è stato ucciso per un presunto debito di droga. Due ragazzi, entrambi 16enni e di buona famiglia, sono stati fermati per l'omicidio. L'esperta a IlGiornale: "Ragazzi disinibiti dinanzi alla morte"

Dall'omicidio di Pescara a quello di Firenze: "Vi spiego cosa c'è dietro l'ondata di violenza"

Domenica scorsa, a Pescara, un ragazzo di 17 anni, Thomas Christopher Luciani, è stato ucciso per un presunto, piccolo di debito di droga. Due coetani, entrambi liceali e di buona famiglia, sono stati arrestati per l'omicidio. Secondo quanto ricostruito dalla Squadra Mobile, gli indagati avrebbero colpito la vittima con 24 coltellate e poi, dopo aver abbandonato il cadavere in un parco, sarebbero andati al mare. Nello stesso giorno, a Firenze, un'operatrice sociosanitaria di 65 anni, Maria Teresa Chavez Flores, è stata strangolata in casa. Il nipote, 17 anni, ha confessato il delitto al termine di un lungo interrogatorio. I due terribili fatti di cronaca hanno riaperto il dibattito sulla violenza giovanile e messo in discussione il ruolo dei genitori nell'educazione dei figli. "La violenza è un fenomeno trasversale, non si annida soltanto in contesti sociali o economici svantaggiati", spiega a IlGiornale la criminologa e psicoterapeuta Virginia Ciaravolo, esperta di violenza sulle donne e minori, con particolare attenzione alle problematiche adolescenziali.

Dottoressa Ciaravolo, secondo lei, siamo di fronte a un’esplosione di violenza giovanile?

"Dobbiamo precisare che la violenza non è un fenomeno dei nostri tempi, ma è sempre esistita. Solo che, mentre prima le notizie relative a questi tragici accadimenti di cronaca passavano quasi sordina, con l’avvento dei social sono amplificate. Ciò detto, è molto importante che gli esperti di devianza minorile e criminalità giovanile pongano ulteriore attenzione al problema del ‘branco’ che può commettere dai piccoli furti fino a veri e propri crimini, come quello avvenuto a Pescara".

Cos'è un branco?

"Un branco non è altro che un gruppo formato da giovani adolescenti che agiscono e incoraggiano collettivamente comportamenti che deviano dalle norme socialmente condivise. C'è quasi sempre un leader, un gregario e poi un astante, ovvero colui che assiste agli agiti violenti dei compagni. Quest' ultimo, pur non partecipando attivamente all'azione, è in egual misura complice morale dell’eventuale episodio criminoso".

Perché gli adolescenti "fanno branco"?

“L’adolescenza è un'età particolare, durante la quale i ragazzi cercano una loro identità fuori dalla costellazione familiare. Dunque, per differenziarsi dalla famiglia e affermare la propria identità, cercano qualcuno che condivida i loro stessi ideali o interessi. Purtroppo non sempre si tratta di valori positivi e buoni principi".

Ci sono delle regole per entrare a fare parte di un gruppo? Se sì, quali sono?

"Per entrare a fare parte di un gruppo sociale, e in special modo di un branco, bisogna uniformarsi alle logiche dello stesso. Queste adesioni possono portare i giovani a partecipare a comportamenti socialmente devianti. Poi intervengono anche altri fattori, come ad esempio la deresponsabilizzazione".

Cioè?

"Il gruppo alimenta la violenza e, allo stesso tempo, attenua quel senso di responsabilità individuale. Essendoci una forma di responsabilità condivisa si riduce il senso di colpa del singolo e, di conseguenza, anche la gravità dell'azione illecita o addirittura criminosa. Anzi, come abbiamo visto anche nei recenti fatti di cronaca, c’è una sorta glorificazione di ciò che si è commesso".

Ovvero?

"Denigrare la vittima, offenderla, com'è è successo nell'omicidio del giovane Thomas, ci dà l’idea anche della disinibizione che provano i ragazzi di fronte alla morte. Come se fosse un gioco e la vittima un personaggio del videogame".

Come spiega la violenza in contesti familiari socialmente ed economicamente stabili?

"La violenza è un fenomeno trasversale, non si annida soltanto in contesti sociali o economici svantaggiati. A fare la differenza è il benessere affettivo e l'educazione emotiva all'interno della famiglia. Durante l'adolescenza i ragazzi hanno bisogno di affrancarsi dai genitori. Ma se l’adulto ha uno sguardo attento, se vigila e accompagna il figlio nel suo percorso di crescita, può evitare derive comportamentali pericolose".

Il paradigma "genitori assenti-figli violenti" è sempre valido?

"Il paradigma vale per tutto, dal bullismo fino agli episodi più gravi. Ma, attenzione, parliamo di genitori assenti emotivamente non fisicamente. Perché garantire il benessere economico ai propri figli non ci solleva, e parlo anche da madre, dalla responsabilità di assicurare loro una educazione emotiva. Ai nostri ragazzi dovremmo insegnare l'empatia e il rispetto per gli altri, prima di ogni altra buona regola comportamentale".

Come può un genitore evitare eventuali derive comportamentali del proprio figlio?

"C’è una cosa che costa quasi zero ma è fondamentale, la comunicazione. Parlo di semplici domande: 'Come stai?, C’è qualche problema? Sei felice?’. Sono piccole domande che potrebbero aprire grandi spazi di confronto tra genitori e figli".

Un genitore cosa può fare dinanzi a un figlio che ha smarrito la strada?

"Fermarsi a riflettere, fare ammenda della propria vita e degli errori che eventualmente sono stati commessi anche in modo inconsapevole. Poi bisogna chiedere aiuto e non demordere".

Pensa che i ragazzi ipoteticamente coinvolti in fatti gravi possano essere

recuperati?

"Questi ragazzi possono e devono essere salvati. È nostro dovere educarli e reinserirli in una società sana. Sono ottimista e credo fortemente nel cambiamento. Ripeto: la chiave di tutto è la comunicazione".

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