Si riapre il vaso di Pandora su Emanuela Orlandi, la ragazza probabilmente rapita a Roma il 22 giugno 1983 e scomparsa da allora. La sua famiglia ha fatto un salto sulla sedia l’altro giorno, quando il promotore di giustizia Alessandro Diddi ha ammesso che c’è un’inchiesta vaticana aperta nel gennaio del 2023 sul famoso «dossier Orlandi» con dentro le indagini sul rapimento della figlia di un funzionario vaticano, circostanza che il fratello di Emanuela Pietro ha sempre sostenuto e che la Santa Sede aveva negato.
Un documento che il Vaticano non ha mai condiviso né con la famiglia né con la procura di Roma e che sarebbe stato visto sulla scrivania dell’allora segretario di papa Benedetto XVI, monsignor Georg Gaenswein, nel frattempo nominato nunzio in Lituania, dall’ex collaboratore di Benedetto XVI, vale a dire Paolo Gabriele, il maggiordomo infedele al centro del caso "Vatileaks", condannato e poi graziato per aver trafugato documenti riservati della Santa Sede, oggi deceduto con i suoi segreti. La notizia della «resurrezione» di questo dossier è stata data durante la presentazione del libro «Il trono e l’altare. Guerra in Vaticano» di Maria Antonietta Calabrò. «Esiste il dossier cui allude Pietro Orlandi, quello di cui parlò Gabriele, lo abbiamo trovato», ha detto l’avvocato romano che rappresenta la Procura vaticana.
Cosa ci sia scritto è un mistero e tale resterà per un bel po’ di tempo, però. «Il contenuto è riservato - sottolinea Diddi - mi auguro che venga presto il giorno in cui potremo presentare le nostre indagini ma non è ancora arrivato il momento». Se non ora quando, verrebbe da dire, adesso che c’è addirittura una commissione d’inchiesta parlamentare sulla vicenda?
«Se la commissione vuole i documenti serve una rogatoria, c’è una sovranità che va rispettata secondo i canali istituzionali», è il parere del magistrato vaticano, che non poteva certo smentire la deposizione dell’ex comandante della Gendarmeria, Domenico Giani, il quale qualche giorno fa alla stessa commissione ha detto che la sua «attività informativa» degli anni passati, quando aveva il comando della polizia vaticana, era stata consegnata proprio a Diddi e all’ufficio del Promotore vaticano, ma non è chiaro se sia lo stesso dossier di cui parla Gabriele.
Come è emerso in questi anni, le ipotesi sulla fine della giovanissima ragazza si sono moltiplicate e intrecciate, dalla pista familiare dello zio fino alla «tratta delle bianche» passando dal ruolo della Banda della Magliana fino all’ipotesi di una fantomatica macchinazione internazionale con al centro la temutissima Stasi, la polizia della Ddr di cui si era occupato il pm Ilario Martella: «Ognuna delle ricostruzioni ha una sua plausibilità. Io non mi voglio fare convincere da nessuna per ora. Stiamo parlando di una vicenda terribile su cui molti stanno speculando», ha sottolineato ancora Diddi
Oggi ha parlato l’avvocato della famiglia Orlandi, Laura Sgrò: «Va bene il segreto istruttorio ma noi avevamo fatto richiesta di prendere visione ed estrarre copia di questo fascicolo sin dal 2017. Chi ha custodito questo fascicolo fino ad ora?». Le autorità vaticane avevano giurato che il fascicolo non era mai esistito e che il caso di Emanuela Orlandi era chiuso.
Lo stesso Pietro Orlandi, sorpreso per le rivelazioni di Diddi, che da anni si batte per scoprire la verità sulla fine della sorella, ha scritto sui social la sua rabbia e ha chiesto «risposte chiarificatrici» dopo le innumerevoli istanze in Vaticano andate a vuoto: «Facciamo finta di credere che l’abbiano trovato ora, non nel 2012... Il contenuto è “riservato”? Speriamo non modificato, che non ci siano trame sotto ma che ci sia la massima onestà». A fischiare sono anche le orecchie della Procura di Roma che ha un’inchiesta aperta.
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