Ci sarebbe stato un ritardo di circa dieci minuti nella richiesta d'aiuto arrivata dalla stanza 605 alla reception della Rsa andata a fuoco e la chiamata al 112. È il dettaglio che emerge a due giorni dall'incendio che ha devastato la "Casa per Coniugi" del quartiere Corvetto, a Milano, costato la vita a 6 ospiti: due donne, trovate carbonizzate, e quattro degenti morti per le inalazioni tossiche. C'è di più: ci sarebbe, a quanto pare, un'interdittiva sull'azienda che aveva vinto il bando per la manutezione dell'impianto. "Se ci sono responsabilità, chi ha sbagliato, compreso il Comune, dovrà pagare", ha detto il sindaco Beppe Sala. Inoltre, sembra che non ci fosse nessun medico in servizio, due si erano dimessi nei mesi scorsi e non era stato trovato ancora il sostituto. Intanto, l'inchiesta dei pm Tiziana Siciliano e Maura Ripamonti potrebbe arrivare a una svolta già nelle prossime ore con i nomi dei primi indagati, tra personale e tecnici comunali e responsabili dell'azienda che gestisce la struttura.
"Dieci minuti dalla richiesta di aiuto alla chiamata ai soccorsi"
La richiesta di aiuto è partita da Nadia Rossi, 69 anni, una delle due donne della stanza 605 morte carbonizzate. "Al fuoco! Al fuoco!" ha urlato disperata la donna al telefono con Alicia C.A., 54 anni, la custode della Rsa. La chiamata è arrivata "verso l'una" di venerdì notte, precisa ancora il Corriere. La 54enne si trovava con l'addetto anticendio, Francesco B., 63 anni. Insieme sono saliti al terzo piano della struttura: "Quando siamo arrivati - ha messo a verbale davanti alla polizia il 63enne -il corridoio era tutto pieno di fumo denso, non si poteva respirare". La prima telefonata ai vigili del fuoco è all'1.18, ovvero, con almeno dieci minuti di ritardo dall'allarme lanciato dalla ospite. All'1.26 sono arrivati i primi mezzi dei pompieri in via del Cinquecento. Cento anziani sono stati portati in salvo.
I sensori antifumo dovevano essere sostituiti da un anno e mezzo
Le indagini si muovono su due fronti. Ai poliziotti della Squadra Mobile diretti da Marco Calì spetta il compito di fare chiarezza sia sulla questione dei ritardi sia sui controlli effettuati dall'addetto anticendio che, a quanto risulta, doveva sostituire i sensori antifumo "fuori uso" da circa un anno e mezzo. I vigili del fuoco, guidati dal comandante Nicola Micele, dovranno invece accertare come si sono sviluppate le fiamme e se i materiali utilizzati per gli arredi delle stanze fosse a norma. Quanto alla causa del rogo, sembrano non esserci più dubbi: sarebbe legato a una sigaretta fumata nella camera 605.
Il "giallo" sul bando per la manutenzione
Il bando per la "manutenzione straordinaria degli impianti tecnologici negli immobile del Comune di Milano", che riguarda anche i controlli sull'impianto antifumo, è stato chiuso il 5 maggio. Poi, però, tutto si è fermato "perché l'azienda è stata colpita da un'interdittiva", ha spiegato il sindaco Beppe Sala. Ma il guasto era noto da più di un anno e mezzo. Tant'è che, in una relazione presentata dai tecnici comunali sullo stato dei luoghi della Rsa datata il 18 gennaio scorso, viene sollecitata "la completa revisione dell'impianto di rilevazioni fumi - si legge a pagina 17 del documento - con la sostituzione di tutti i cavi elettrici in base alla vigente normativa". Pertanto "si rende necessaria anche la progettazione del nuovo impianto". Il costo stimato dal Comune per i lavori di adeguamento è di 60mila euro.
Fatto sta che la Rsa è rimasta aperta con il gestore inviato ad "adottare azioni compensative a proprie spese", cioè, un addetto al controllo antincedio durante il giro di ronda notturna. Non abbastanza per gestire una struttura di 13mila metri quadrati. Forse, ipotizza chi indaga, l'incendio era prevedibile.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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